Il sorriso più bello di Mediaset

Alice
Cantus

Fine giugno 2020

Il lettore estivo permetta ad OBLO’ di accantonare l’analisi delle reiterate promesse di pace in Libia, che ritroveremo a settembre tra una nuova infezione europea macro(n) e una asiatica minor(e), per ascoltare tra le tante macerie post pestilentiam un vecchio canto.

***

Il sorriso più bello di Mediaset.
Alice.
Ha 15, 16, 19 anni.
Studio, compagni di scuola, sogni, delusioni, pianto, gioia.

Lo spettatore cerca alibi: una giornata iniziata alle 06,00 con letture impegnative – tra una lentissima schermata e l’altra del computer – giustifica l’incantamento per quel viso che sorride con le belle bianche labbra chiuse.
Patteggia l’assoluzione per il proprio mancato raziocinio adducendo come attenuante l’ambientazione della piccola commedia d’ogni giorno nel quartiere paesello La Garbatella, dell’amata Roma, al centro della cara Italia dai cento borghi antichi e nuovi.
Ancora qualche resistenza, sempre più debole, poi si arrende.
È proprio quel sorriso che gli piace.
Sorge circondato da personaggi che lo sfiorano.
Che volentieri mutilerebbe.
Ma tu guarda.
Non c’è più scampo né ritegno: i sogni dello spettatore stalinslanskiano subentrano alla psicologia tagliata alla grossa e campeggiano nella sua mente che provvede a tornare indietro fino all’età di … – quanti anni ha in questa puntata Alice, con quel sorriso più bello e gli occhi bassi?, 19?: sì, ha superato l’esame di maturità – … bene, lo spettatore pota radicalmente i propri anni per poter decentemente entrare in scena.
Superato il problema anagrafico visto che anche i sogni devono avere un fondo di neorealismo – ma ne siamo poi sicuri? -, lo spettatore può finalmente attraversare lo schermo televisivo ed essere lui a consolare Alice, ad abbracciarla, a …
Sii lieve spettatore, anche nell’immaginazione, altrimenti anche tu sarai cooptato nella massa grigia dei casamenti metropolitani disprezzata da Spengler, nel grumo cotico setoso vomitato da Circe.
… Sì, così va bene spettatore.
Fluttuando nell’incantamento, lo spettatore prova infine ad emergere dalle onde della sua fantasia chiedendosi cos’è per lui quel sorriso.
Si ricorda una canzone amata da bambino, che dava l’addio dell’autore ai suoi sogni di gloria.
Da adulto la ritrovò in prosa nel racconto lungo L’ultima gioia di Knut Hamsun.
Senti senti.
Questi richiami autobiografici sembra gli conteggino un’età ingiusta per essere il destinatario di quel sorriso.
Volendo tuttavia continuare a svolazzare come Peter Pan, prova a trovare qualche spiegazione in più.

Le situazioni della finzione televisiva – “fiction” per chi usando l’inglese vuol far perdere posti di lavoro agli italofoni – in fatto di relazioni affettive non rispondono certo ai dettami morali d’un tempo, ma quella ingenua poesia visione scena che inquadra l’adolescente Alice addormentata di fianco, vestita, con la piccola mano bianca di lei vicino alla mano di un suo coetaneo, su un po’ di paglia, in un casolare di campagna, quante volte è stata sognata o ricordata da tanti lettori spettatori che avevano abbondantemente scavalcato l’adolescenza?
Quante volte è stata descritta da scrittori e registi che hanno mascherato con vicende romanzate dall’esito positivo qualche legame della vita finito male?
Dunque non sembra soltanto ma è proprio chiaro che lo spettatore è attratto dalla possibilità di sognare che gli dà Alice dal lieve sorriso?
Di evadere dalla porcilaia invasiva di tanti prodotti cartacei, televisivi, cinematografici, web?Da una realtà che sempre più diffusamente sorpassa quei prodotti che la sorpassano?
Il bianco fiore di mandorla non ancora del tutto schiuso, sopra un po’ di paglia, richiama allo spettatore l’adolescenza e la ruralità perse?, niente di più?
Certo è che Alice ha ormai voltato pagina, e ha trasportato le sue scene in trasferta, dal teatro di  Mediaset a quello dello spettatore.
Ci deve però essere anche qualcos’altro, di meno personale, che giustifica il successo della prima parte di quella serie.

Alice Cudicini perde l’anello di fidanzamento, ed è lì che piange tutto il giorno, come dice un suo collaboratore nel locale che serve musica birra e panini, da lei diretto (c’è anche questa nota intraprendente nel suo carattere di personaggio non melenso).
Piange piano, il capo ottocentescamente appoggiato su una mano, ancora bianca, ancora e ancora bella, in quel momento indifesa.
Scena improbabile quella che rappresenta Alice mentre piange con lacrime basse per l’anello di fidanzamento?
I ricordi dello spettatore dicono di no.
1958, lo scolaro osservò la sua maestra che in classe guardava triste fuori dalla finestra, e tornato a casa raccontò e chiese a sua madre che gli rispose: “Ha perso l’anello di fidanzamento”.
L’anello di fidanzamento: l’attesa.
1966, una cantante di nome Gigliola – ! –  cin(q)uetta in Eurovisione, nello schermo bianco e nero, col ritegno delle sue mani raccolte dietro la schiena, figurina sedicenne alla Telemaco Signorini, piccola magra sparuta; conquista tutta Europa, anche quella paffutella allevata con abbondanti porzioni di burro salato e salsicciotti, cantando serena di non avere l’età per amare il suo ragazzo al quale chiede di attenderla per uscire sola con lui  … nell’attesa che venga quel giorno …. Anche Alice attenderà, a colori ormai, quando in una scena dirà a un pretendente: Non sono pronta.
Il rifiuto: l’attesa.
1973, in rovinosa diffusione di hascisc acidi e quant’altro, all’amata principessa quindicenne circondata da draghi spacciatori d’incubi, il suo aspirante cavaliere – allora di proporzionata età per il reale intreccio reale – mandò delle rose a casa: arrivò la principessa all’appuntamento con il suo cavalier mittente fioraio col volto illuminato dalla gioia e fu il primo bacio.
Le rose: l’attesa.
Il pegno d’amore resta – e si chiama proprio così – nonostante la rabbia di draghi e stupratori, e il sarcasmo di borseggiatori più spiccioli, con l’attesa per più grande intimità, con le rose per  più completo abbraccio, con l’anello che incatena un cavaliere a una principessa, un uomo a una donna che gemmerà.

La serie continua, ma sceneggiatura e regia rimodulano il personaggio di Alice trascinandolo verso una più diffusa e meno sognante quotidianità.
La serie continua, ma nell’ultima stagione diminuisce la presenza del sorriso di Alice mentre aumentano contingenze varie necessitanti premature visite ginecologiche, e innovazioni giuridiche nel diritto di famiglia.
La serie non viene replicata.
Gli scettici adolescenti, cinici figli del secondo millennio non hanno più offerto i loro ascolti?Avevano smesso di far rumori solo per ascoltare il canto del pegno d’amore che talvolta è rappresentato dalla rinuncia alla vita, e più quotidianamente dalle attenzioni affettuose e sognanti?
Probabile, perché quel pegno d’amore viene e verrà sempre dato, dai cavalieri figli del primo secondo e prossimo millennio, ad Alice col sorriso dalle labbra chiuse e gli occhi bassi, perché lei e soltanto lei è l’eterna canzon.
Alice, il più bel sorriso di Mediaset.

 ***

Il lettore estivo ha permesso a OBLO’ una pausa prima di manifestare tutto il suo disgusto
per l’abrogazione della norma che prevedeva il taglio dei vitalizi ai parlamentari italiani, che rendiconteremo a Bruxelles, per ottenere più fondi.
Dopo aver opportunamente indossato maschere fuse nel bronzo.

Servizio obbligatorio di leva civile in Italia”   Claudio Susmel

Il Trattato di Rapallo istituzionalizza lo Stato libero di Fiume
confinante con l’Italia
1920 – 2020
Memoria Patriae prima vis

 

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