La protesta della topesca razza

Aragòn Màus e il mercatino dei libri
Muscipula

Un personaggio cerca di varcare i confini tra fantasia e realtà.
Alle cinque e trenta di una domenica invernale con nebbiolina evanescente, luna, notte, e molto, molto movimento al mercatino di viale Trento a Cagliari.

Il personaggio, descritto dall’articolo di un pubblicista, a causa di un capoverso non visto per tempo cade dalla riga di un articolo che lo sosteneva, e piomba nella realtà affollata da venditori che si muovono carichi di mercanzia, bancarelle già pronte per la vendita, e clienti a passo svelto con piletta accesa in cerca di occasioni.
E’ un personaggio dal portamento altero.
In piedi sulle zampe posteriori, cappellaccio di feltro marron con ampie falde all’insù, faccetta arrogante con baffetti impomatati, casacchetta di panno rosso e giallo con maniche da cui escono zampe guantate e gesticolanti, calzonacci con ampio risvolto, e uno spadino di Toledo infilato in una cintura stretta alla vita, che ondeggia tra la coda e i piedi scalzi.
Un topo.
Sta per rivolgersi al pubblicista in cerca di storielle.
Prende fiato, e si capisce che deve rimproverare qualcuno perché ha lo zampotto anteriore sinistro levato preventivamente in alto con adiacente uno sguardo ammonitore.
“Protesto contro questa che è una vera e propria trappola per topi.
Ci hanno attirato qui con la promessa di bei libri da rosicchiare, ma gli umani appartenenti alla tua spregevole razza hanno sistemato così tanti venditori  di libri, che alla fine eccoci sfrattati.
Protesto contro questo dumping che fanno questi espositori: i prezzi bassi fanno sì che leggano tutti, anche i nostri potenziali complici, quelli che i libri li disprezzavano perché non potevano permetterseli; è tutto un circolo vizioso: potendo leggere qui a buon prezzo, ci si abituano, e poi finisce che comprano anche libri nuovi in altri punti vendita della città, così che noi non abbiamo più un po’ di tranquillità da nessuna parte.
Protesto contro questa operosità che potrebbe essere contagiosa finendo per sconfiggere la crisi e i magnifici abitabili ruderi che questa porta.
Protesto perché non possiamo progredire nella nostra opera di distruzione della vostra società fondata sul più miserabile degli apartheid, quello che esclude i topi da una pacifica convivenza con gli esseri umani.
Però scusami, non ti ho ancora fatto l’onore di presentarmi: Aragòn Màus, degli Aragòn de Aragòn y ancora Aragòn che di più non se puede. Abito in città da secoli.”

Mentre Aragòn, con un piede davanti all’altro, una mano per aria, e l’altra sull’elsa del suo spadino di Toledo, sta per continuare con le sue rivendicazioni, viene interrotto da una tromba d’aria che comincia improvvisamente a vorticare, aprendo le copertine dei libri e facendo cadere dalle pagine i loro personaggi che si mettono a discutere con i lettori sulla capacità o meno degli scrittori di rappresentarli efficacemente.
Aragòn sogghigna sprezzante e riprende.
“E come puoi notare l’operosità degli espositori è condivisa dai loro fiancheggiatori. Vedi questa tromba d’aria? Non farti impressionare! E’ un banale trucco descrittivo dell’imbrattacarte di turno, che sta a simboleggiare il movimento continuo di idee causato da chi porta qui libri in quantità industriali.
Fanno gli sgombri gli operosi! Ma fate i fannulloni e continuate a lamentarvi dell’assenza di lavoro dico io! No!, con le loro carrette a mala pena motorizzate, reagiscono i virtuosi! Loro non si arrendono! Portano i libri a nuova vita sgombrandoli dalle cantine che con le loro opportune umidità li avrebbero resi sgradevoli per voi umani schizzinosi e di conseguenza disponibili per noi che siamo di bocca e denti buoni.
Se ci fosse – per la par condicio tra le specie del Pianeta –  una questura gestita da noi topi, li denuncerei uno per uno questi umani operosi, almeno quelli che conosco bene, per esempio quello … come si chiama? … ecco vedi, la denutrizione cui mi costringe la vostra bibliofilia topicida comincia a fare il suo  effetto, indebolendo oltre al mio  fisico anche la mia memoria.
Ci rincuoravamo quando riuscivamo ad attaccare qualche vecchio libro dimenticato in cantina, ma ora a causa della crisi economica gli sgomberi sono aumentati, togliendoci anche quest’ultima consolazione.”

Aragòn abbassa le orecchiotte, è abbattuto, ma non tanto da non riuscire a guardare da sotto in su, sperando in qualche cenno di approvazione da parte del giornalista pubblicista in cerca di storielline da intervallare alle storie serie che propone ai lettori del suo blog, e da parte della piccola folla di topi dagli sgargianti costumi disneyani che lo stanno ad ascoltare, indecisi tra l’applauso e il timore di richiamare l’attenzione dei proprietari dei libri da cui sono scappati.
Un sospiro e Aragòn si riprende.

“E a proposito di furti che ci rinfacciate sempre, lagnandovi per qualche pezzo di formaggio sottratto  alle vostre cucine, quanto ci dovete voi in diritti di cartoni animati e fumetti vari, per le nostre pose carpite con l’inganno e disegnate a scopo commerciale?
Giornalista pubblicista smanioso di inchieste sociologiche rifletti sulle colpe di voi umanoidi e trova un sistema per restituirci questo bello spiazzo nel quale potremmo prosperare, se non ci fossero questi espositori e questi sgombratori che con la loro presenza e il loro lavoro commettono ai nostri danni un vero e proprio delitto.”
“E tu lo chiami delitto questo?”
“Non fare il ruffiano! Che sconto ti hanno promesso sui libri per indurti a rispondermi così?”
“Aragòn io non ti permetto di  …”
“Eeeeh, calmo!, lo sconto lo chiedete tutti, elogiate il lavoro duro degli espositori ma lo sconto glielo chiedete.”

Ora Aragòn assume un’espressione nostalgico sentimentale (zampotte dietro la schiena, respiro lieve, occhiotti liquidi con sguardo lontano e sognante) ed elegiacamente inizia a rievocare.
“Ricordo la cara mia piccola tana che avevo prima dell’arrivo di questi lavoratori, ricordo i miei pranzetti sereni a base di formaggio e altri modesti rifiuti, e ricordo anche …”.
All’improvviso gli occhi fosforescenti di un gatto con gli stivali sbucano da un ultimo libro per l’infanzia dimenticato in fondo al buio di un furgoncino, e Aragòn, dismesso fulmineamente l’atteggiamento nostalgico sentimentale, guizza via, non senza un cenno di arrivederci.
Il pubblicista in cerca di storielle prende qualche appunto per non dimenticare le fasi salienti del dialogo appena avuto, e comincia a immaginare che cosa mai volesse ancora raccontargli Aragòn.

Poi, sfoderata la sua piletta, si mette anche lui in cerca di libri, per leggere le storielle scritte dagli altri.

La Turchia in Europa è la fine dell’Europa    Claudio Susmel

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