Il Referendum tra Casa Savoia e Famiglia Mattarella

Quel 2 giugno ‘46
Corona semper nullius

Giugno 2021

Caldo afoso in questo giugno 2021 con un dopo guerra Covid in corso; oltre centomila morti in Italia, famiglie mutilate, malattie non curate, disoccupati, fame.
Proclami.
Speranze.

Chi sa quante cose l’afa e la paura mi hanno fatto dimenticare di quanto ho letto in Quel 2 giugno ’46 del meticolosissimo storico Aldo Alessandro Mola.
Se fossi andato al mare avrei scansato l’afa giocando col mandare sott’acqua le boe e lasciandole poi riemergere.
E come boe dall’afa in servizio permanente effettivo nel cervello, emergono alcuni particolari circa la vita e i voti di quel Referendum che chiese agli italiani di scegliere tra Monarchia e Repubblica, in un 1946 afoso per sconfitte militari e civili.
La matita: quante volte se ne è fatto uso nel compilare stampati, redigere verbali, computare voti?; il segno della matita è poco propenso a rendere testimonianze durature e intangibili come quelle che esige la Storia.
Lo spago: quanti pacchi ha annodato?; quante mani hanno sciolto dai nodi testimonianze sgradite?
I votanti: quanti non sono andati a votare?; quanti italiani di Trieste, Pirano, Rovigno, Pola, Fiume, Zara non hanno potuto votare?; quanti non hanno ricevuto il documento utile per votare?; quanti erano prigionieri dei cobelligeranti occupanti?; quanti voti nulli, bianchi, annullati, dubbi, e per questo non conteggiati tra i votanti realizzandosi così un colpo di stato ai danni della semantica?
La Corte di Cassazione: perché non si è atteso il suo verdetto sul riconteggio dei voti per proclamare la vittoria di questa o quella forma istituzionale?; davvero l’Italia saccheggiata, torturata, stuprata, bombardata da oi barbaroi venuti dal nord e dal sud, non avrebbe potuto aspettare qualche giorno in più invece di procedere all’irrituale sentenza del 13 giugno 1946 a favore della Repubblica?; timore che la maggioranza necessaria per una proclamazione legittima non fosse stata raggiunta?

In un giorno d’estate d’un giugno di pace sarei al mare senza mascherina antivirus, all’azzurro allegro mare d’Italia.
Verso l’oceano con malinconica battigia portoghese si diresse invece Umberto II di Savoia il 13 giugno di dopoguerra del 1946, dopo aver conquistato più di dieci milioni di voti alla Monarchia; avendo rischiato la sua vita combattendo per aria e  per terra durante la Guerra 1943 – 1945, e così conducendosi avendo ricordato suo padre Vittorio Emanuele III al fronte orientale durante la Quinta Guerra Italiana d’Indipendenza contro gli austro slavi (1915- 1918) e le cariche a cavallo del suo bisnonno Vittorio Emanuele II al fronte dell’ancora irredenta Lombardia durante la Seconda Guerra Italiana d’Indipendenza (1859 – 1860) contro gli austro slavi.
Non bastarono gli atti d’eroismo personali né la rievocazione di tutti quelli della Casa: vinse la Repubblica con circa 2.000.000 di voti di scarto; erano forse meno?
Mola mette l’accenno sulle tante  situazioni a sfavore di Umberto: giornali avversi, faziosità, cobelligeranti occupanti statunitensi, brogli diffusi. Gli è caro soprattutto in questo libro e in molti altri scritti il termine “solo “: Umberto II è solo come Vittorio Emanuele III nel 1922, nel 1940, nel 1943; V.E. III sì, perché il Referendum è sul suo operato che si pronunciò più che su quello di Umberto.

Ed ora che faccio, mentre si susseguono i bollettini di questo dopoguerra 2021, una ulteriore analisi, minuta, delle 591 pagine dei due volumi distribuiti  da “Il Giornale”?; cominciando dal Patto di Londra dell’aprile 1915 – qui Mola fa una smorfia: non è un patto, è un arrangement – fino al Governo di Coalizione del 1922 presieduto da Mussolini? No.
Confesso però un debito nei confronti di questo ragazzo settantottenne di Cuneo che con la sua infaticabile vanga prova rimuovere le falsità buttate addosso ai suoi Re. Per anni, prima di approfondire gli studi sul periodo 1915 – 1924, ho colto la partecipazione di questo o quel futuro afascista o antifascista  al governo di Mussolini del primo quarto del ‘900: De Gasperi, Giolitti, Gronchi, Vittorio Emanuele Orlando e altri ancora, ma gli scritti del giornalista e Direttore scientifico dell’Associazione di Studi Storici Giovanni Giolitti mi hanno aiutato a inquadrare meglio il tutto, mettendo bene in evidenza che le partecipazioni di questo o quel rinomato personaggio democraticissimo ante e/o post fascismo non furono episodiche ma burrascosa concatenata sequenza di attive partecipazioni a un periodo di transizione da democrazia parlamentare a democrazia a sovranità limitata e poi a dittatura.

V.E. III non firma lo Stato d’Assedio che avrebbe spazzato via in ore le male armate squadre di Mussolini, ma a giudicare dagli eventi successivi non fu il solo responsabile della nomina a Presidente del Consiglio del capo di una minoranza, anche se sedizioso non c’era solo lui in quel 1922; Mola denuncia la mancata firma, ma sottolinea che a Roma c’è lui e non altri a decidere: è “solo”. Scriverà anche che firmerà il decreto che varerà le leggi razziali, ma rimarcherà le sue titubanze a farlo, il volerle mitigare, ma è “solo”. Ricorda che non impedirà l’ingresso in guerra dell’Italia nel 1940, ma perché pensava che sarebbe durata pochissimo.
Insomma l’italiano del Piemonte Mola ce la mette tutta a non tradire la Storia, ma risulta evidente che nella sua vita precedente era quel ragazzo cui il padre diede da stringere la mano ancora calda per quella che il Re gli aveva dato poco prima; ricordate l’episodio nel libro “Cuore”?
Mola avrebbe potuto scrivere di più sul fatto che V. E. III divenne cugino di Mussolini avendogli concesso il Collare dell’Annunziata per l’annessione della più parte del territorio dello Stato di Fiume all’Italia?, che accettò la Corona imperiale d’Etiopia nel 1936?, che accettò la Corona reale d’Albania nel1939?, che visitò la casa natale di Mussolini, per altro omaggiato da mezzo Pianeta incluso il lacunosissimo memorialista già Primo Ministro britannico W.C. articolista retribuito del giornale del regime fascista “Il popolo d’Italia”?

Carlo Alberto abdicò subito dopo la sconfitta militare subita contro l’Austro Slavia nel 1848 e la Monarchia rimase, V.E. III abdicò due anni e otto mesi dopo la sconfitta subita contro i russo britannico statunitensi con codazzo di camerieri vari e la Monarchia passò; certo bisogna giudicare gli avvenimenti storici con la mentalità il sentimento e l’afa post bellica del momento, ma due anni e otto mesi sono da ritenersi in ogni caso troppi per non dover pagare dazio.
Umberto II di Savoia comunque, al pari del suo bisnonno V.E. II, sollevò la spada da terra e combatté facendo molto da Re in Patria, moltissimo da Re lontano dalla Patria: decenni senza una parola faziosa.
Oggi?

Mola sostiene, citando Regie Patenti, legge salica, tradizione, Casa, lettere di Umberto a suo figlio Vittorio Emanuele e quant’altro, che sono gli Aosta i successori legittimi di Umberto e non suo figlio Vittorio Emanuele o suo nipote Emanuele Filiberto.
Quand’anche invece di leggere e scrivere in questo arroventato giugno dell’Arcipelago sardo corso toscano stessi scrivendo nel mite inverno della marina e prealpina liburnica città di Fiume non oserei discutere di Regie Patenti col Presidente della Consulta dei Senatori del Regno: sì sempre Mola, è un sacco di cose il preside emerito, professore di storia e filosofia Mola.
Da laureato in giurisprudenza fuori corso mi rifugio nella costituzione materiale – quella stessa che fece vincere la Repubblica nel 1946 – e mi faccio alcune domande: che fa Emanuele Filiberto Savoia?, continua a raccattare denaro negli Stati Uniti, in compagnia di Harry Windsor? Sua figlia Vittoria si fa strada nel marketing a Parigi? E Aimone Aosta?
Forse voglio che scoppi una guerra per riconoscere medaglie e regalità? No. Non la vuole nessuno. Però è scoppiata lo stesso.
La Prima Guerra Mondiale Covid  (2020), e la Seconda Guerra Mondiale Covid (2021) hanno preso oltre 130.000 vite all’Italia; migliaia i medici e gli infermieri morti al fronte, in ospedali e altrove.
Dove erano i Savoia, dove erano gli Aosta?
Umberto II redivivo, ultimo, al momento, Re d’Italia, da buon soldato Savoia avrebbe preso Regie Patenti e quant’altro e le avrebbe scaraventate via, assegnando insegne, sigillo riesumato, e corona, al suo congiunto soldato, di Savoia, d’Aosta o di Genova.
O a un affine di Sicilia?

La Corona, turrita o gemmata, è sempre res nullius, si calza su testa, cuore, braccia e gambe della sua misura; chi la vuole calzare, soprattutto in guerra, deve rischiare il proprio sangue.
Oggi la Repubblica Italiana non è retta da un consanguineo della millenaria Casa Savoia – come un tempo la Bulgaria di Simeone – ma da un membro della secolare Famiglia Mattarella, quella di Piersanti caduto per la Patria in guerra, quella di Sergio preannunciatosi non ricandidabile alla presidenza della Patria in pace. Per questo la Famiglia Mattarella presiede. Perché, fino a prova contraria, ha rispettato l’eterna multi istituzionale regola del “Io ho quel che ho donato” di Giovanni Bosco, che non pare fosse proprio savoiardo di sentimenti, ma incrementò la gloria di quel “Vecchio Piemonte” così caro a chi ama l’Italia da esso unita, e da Giovanni Bosco conclamata generosa oltre che forte.
“Vecchio Piemonte” che però vogliamo anche giovane.
Giovane come il volto sorridente che emerge dalla memoria, ora che è quasi sera e si respira un poco, il volto di una crocerossina principessa vivente, Aosta?
Professor Mola sia più preciso dell’articolista: chi è quella crocerossina?

Concludo con un poco di stupore perché il monarchico Mola non impagina in questo libro il risalto dovuto al primato di Vittorio Emanuele III, quello di avere raggiunto nel 1924 la più estesa unificazione dell’Italia geografica mai conseguita né prima né dopo di lui, coronando così il Primo Risorgimento Italiano, quello monarchico; pudore perché il risultato lo raggiunse col Governo Mussolini? Non può essere questo il motivo, perché in tanti convegni e scritti ha invitato ad illustrare compiutamente il Re di Vittorio Veneto.
Se già l’Italia è stata danneggiata gravemente dalla faccia triste delle due che ha Giano bifronte,  interpretata nel corso del 1900 da Vittorio Emanuele III, Mussolini, Vittorio Emanuele Orlando e da tanti altri, è meglio non stancarsi mai di ricordare a dovere quella sorridente delle due che ha Giano bifronte, di Fiume e dei Patti Lateranensi, interpretata nel corso del 1900 da Vittorio Emanuele III, Mussolini, Vittorio Emanuele Orlando e da tanti altri;ci pensano a sufficienza i torbidi nemici dell’unità e della prosperità d’Italia, falsari interessati della Storia, ad offuscare le nostre glorie di guerra e di pace.

Ci serve ricordarle con affettuosa insistenza le annessioni del 1918 – 1924, perché c’è ancora tanto lavoro da fare. Col Trattato di pace del 1947 abbiamo perso la metà circa delle Province liberate e annesse con i Trattati di Saint Germain, Rapallo, Roma.
L’ottobre del 1954 vide la restituzione all’Italia della Zona A del mai costituitosi Territorio Libero di Trieste dando inizio al Secondo Risorgimento Italiano, quello repubblicano, proseguito col Trattato di Osimo del 1975 ratificato nel 1977, che sancì con valenza giuridica internazionale l’appartenenza della Zona A all’Italia e la restituzione delle sacche del Colovrat e del Sabotino occupate dagli slavi jugo in spregio al TP47.
Mancano ancora all’appello dell’unità politica d’Italia i territori geograficamente italiani dei versanti orientali dei valichi alpini con la Francia, la Corsica, il Sempione, il Canton dei Grigioni, il Canton Ticino, la Venezia Giulia orientale fino al displuvio alpino dal Tricorno al Nevoso, l’Arcipelago di Pelagosa, e altro ancora.
Per completare l’unità d’Italia occorre anche la collaborazione del patriota monarchico Aldo Alessandro Mola; servendo la Repubblica non vorrà essere da meno del repubblicano in camicia rossa Giuseppe Garibaldi che servì il Regno.
Il “Vecchio Giovane Piemonte” attende che tutti i suoi figli facciano il loro dovere per l’unica madre Italia.

P. S.
Mola scrive bene.
La casa editrice produce stampa leggibile agevolmente, con un interessante impianto iconografico anche se stranamente mancante proprio della scheda elettorale del Referendum.
Di seguito a questa recensione un bozzetto, pubblicato da OBLO’ nel 2016, sulla antica cortesia che la trimillenaria Italia non ha mai smesso di amare.

 Servizio obbligatorio di leva civile in Italia”   Claudio Susmel

Centosessantesimo anniversario dell’Unità d’Italia Incompleta
1861 – 2021
Memoria Patriae prima vis 

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