12 – Il principio “Pacta sunt servanda” duella col principio “Res inter alios acta tertiis neque nocet neque prodest”

Agli studenti di Diritto Internazionale
perché si preparino a difendere
il principio di Sovranità Nazionale
sul territorio politico italiano
e il suo patrimonio artistico
non facendosi ingannare
dai falsificatori della Geografia e della Storia 

Ad Alpes

6 novembre 2025

Il dodicesimo paragrafo dal saggio:

 Confini naturali e confini politici
per la Venezia Giulia e per la Dalmazia
nelle trattative
tra il Regno d’Italia, la Triplice Alleanza, l’Intesa, e l’Associato
(1914 – 1920)

12 – Il principio “Pacta sunt servanda” duella col principio “Res inter alios acta tertiis neque nocet neque prodest”

A fine marzo 1919 iniziano le riunioni ristrette ai quattro rappresentanti delle nazioni Alleate e dell’Associato.

Il Presidente del Consiglio Italiano Vittorio Emanuele Orlando, nella seduta del 19 aprile 1919, tenuta tra le delegazioni di Francia, Italia, Regno Unito e Stati Uniti, fa una premessa fondamentale: “[…] Poiché una delle Potenze qui rappresentate, ossia gli Stati Uniti, non ha preso parte al Trattato di Londra, come la Francia e l’Inghilterra, considero, ora, le questioni italiane all’infuori di ogni obbligazione di Trattato [… Prosegue poi col rivendicare per l’Italia …] in primo luogo l’annessione dei territori che sono al di qua di tutta la frontiera che la natura ha dato all’Italia […] Domandiamo cioè il displuvio delle Alpi […] (25). Richieste che esplicita richiedendo l’Istria, e Fiume di cui rivendica l’annessione anche in base al principio di autodeterminazione dei popoli, e col rivendicare un confine militare in Dalmazia, insistente comunque nel territorio naturale italiano, mettendo in primo piano le esigenze strategiche di sicurezza militare che l’Italia vuole soddisfare con la sovranità su di essa, e non mancando di ricordare la storia di questa regione adriatica e le montagne che la separano dall’entroterra: “[…] perciò tutta la cultura dalmata gravitò fatalmente verso l’Italia […]” (25).
Alle repliche di vario contenuto di Wilson, Lloyd George e Clemenceau, Orlando risponderà che le sue richieste iniziali erano tali “[…] nell’ipotesi che non si dovesse considerare il Trattato di Londra […] È evidente che il giorno in cui io dovessi domandare la piena esecuzione del Trattato di Londra non potrei domandare Fiume in base ad esso” (25). Il 20 aprile, viste le resistenze per Fiume, dichiarerà di limitarsi a rivendicare quanto compreso nel Patto di Londra, e giustificherà questa presa di posizione: “[…] Se ho dovuto appellarmi al testo di un Trattato invece che alla giustizia, l’ho fatto con dolore. D’altronde l’Italia non è intransigente. Quale conciliazione mi è stata offerta? Nessuna” (25).
Aggiungerà di non essere tenuto a osservare quello dei 14 punti di Wilson riguardante l’Italia: IX. A readjustment of the frontiers of Italy should be effected along clearly recognizable lines of nationality, avendo fatto l’Italia a suo tempo riserve ben chiare in proposito, e Wilson riconoscerà che “[…] I rappresentanti italiani non sono legati dai Quattordici Punti. L’ho riconosciuto […]” (25) .
Si tenga presente che le richieste di Orlando extra Patto di Londra vengono formulate dopo che Wilson ha proposto i suoi 14 punti – l’8 gennaio del 1918 – contenenti i principi secondo i quali gli Stati Uniti si sarebbero comportati nelle trattative di Pace. Orlando dunque non reclama con improntitudine confusionaria il Patto di Londra come si può leggere nell’opera più volte citata di Paolo Alatri, ma reagisce a Wilson con una lucidità estrema, iniziando la trattativa con Alleati e Associato seguendo il classico schema della più ampia richiesta possibile iniziale, senza rinunciare all’ancoraggio pattuito con gli Alleati secondo il principio “Pacta sunt servanda”.

Questo principio, cui si appella Orlando col suo riferirsi e rifugiarsi nel Patto di Londra, per altro difeso sul campo anche dall’occupazione dell’Intesa secondo la linea d’Armistizio fissata essenzialmente secondo le linee previste dal Patto, sarà lo stesso che Nitti opporrà ai suoi interlocutori quando dopo l’impresa dannunziana la sua urgenza nel voler concludere la pace, per risolvere le difficoltà economiche dell’Italia, si attenuerà molto.

Ed è sempre lo stesso principio che i franco – inglesi opporranno ai serbi – croati – sloveni quando Wilson sarà lontano dall’Europa. Lo stesso principio sarà opposto infine anche dal prudente Giolitti ai serbi – croati – sloveni, i quali, temendone l’applicazione, finiranno per accettare le condizioni contenute nel Trattato di Rapallo, peggiori di quelle proposte dall’Italia precedentemente ma rifiutate per aver fatto eccessivo affidamento sul ruolo di Wilson.

Errore questo non compiuto dai rappresentanti dell’irredentismo giuliano dalmata, molto più esperti nelle questioni internazionali; si legga a questo proposito la lettera dei notabili che chiedono al Governo italiano di aspettare tempi migliori: “Proprio in quei giorni [agosto 1919], Tittoni riceveva quattro lettere, una di Cippico a nome dei dalmati, una di Ziliotto a nome di Zara e due di Antoni e Grossich a nome di Fiume, colle quali essi lo scongiuravano di non compromettere la questione adriatica in un momento per noi sfavorevole, ma di attendere che il Senato americano [intende: statunitense] compiesse la sua opera e impedisse a Wilson di occuparsi delle cose d’Europa” (26).

E ancora dello stesso principio “Pacta sunt servanda” riconosce un effetto importantissimo finanche Wilson, nel momento in cui non si oppone all’occupazione effettuata dall’Intesa dei territori austroungarici secondo la linea d’armistizio stabilita precipuamente sulla base del Trattato di Londra, e in seguito quando non si oppone al Trattato di Saint Germain del 10 settembre 1919 che sancisce l’assegnazione all’Italia del Trentino Alto Adige secondo il Patto di Londra (oltre a Dobbiaco e altro ancora).

Il 21 aprile, durante la riunione delle Delegazioni italiane francesi e britanniche, Orlando dichiara di non poter accettare una nuova linea proposta da Wilson (27). 

(25) L. Aldovrandi Marescotti, Guerra D. cit. pagg. 222, 225, 234,  241, 242, 243, 244.
(26) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 163.

(27) L. Aldovrandi Marescotti, Guerra D. cit. pag. 252. 

P.S. Ai paragrafi precedentemente impaginati e a questo ne seguiranno altri, ciascuno dei quali potrà essere riprodotto a titolo gratuito in qualsiasi forma, cartacea o non cartacea, alla sola condizione di indicarne la fonte: OBLO’ – www.claudiosusmel.it

“Leva civile e militare obbligatoria in Italia”  Claudio Susmel

1924 – 2025
Centounesimo anniversario dell’annessione di Fiume all’Italia
Memoria Patriae prima vis

Memoria italiana

2 novembre,
la famiglia italiana ricorda tutti i caduti italiani
per la difesa dei confini nazionali.

4 novembre,
festa dell’unità d’Italia incompleta senza tante Province geograficamente italiane,
e delle Forze Armate.

8 novembre 1917,
al convegno di Peschiera tenuto tra l’Italia e i suoi alleati dopo la sconfitta subita a Caporetto, Vittorio Emanuele III rifiuta di arretrare ulteriormente la prima linea dell’Esercito: inizia l’epopea del Piave.

10 novembre 1975,
col Trattato (Accordo) di Osimo, l’Italia rientra in possesso delle sacche territoriali del Sabotino e del Colovrat occupate dalla Jugoslavia in spregio al Trattato di Pace del 1947.

24 ottobre – 4 novembre 2017
audio video della giornata di studi “Da Caporetto alla Vittoria”
realizzato da Davide Colombo.

"Servizio obbligatorio di leva militare in Italia"    Claudio Susmel

11 – Battaglie diplomatiche per i confini durante la Conferenza della Pace e non solo

Ai diplomatici italiani perché ricordando
quanto costò ai loro predecessori
conservare parte dei frutti
della guerra vinta sul campo
non si facciano ingannare
dai sorridenti falsificatori
della Geografia e della Storia
Ad Alpes

30 Ottobre 2025

L’undicesimo paragrafo dal saggio: 

Confini naturali e confini politici
per la Venezia Giulia e per la Dalmazia
nelle trattative
tra il Regno d’Italia, la Triplice Alleanza, l’Intesa, e l’Associato
(1914 – 1920)

11 – Battaglie diplomatiche per i confini durante la Conferenza della Pace e non solo
Conclusa vittoriosamente la battaglia militare di Vittorio Veneto che avvicina l’Italia ai suoi confini naturali, inizia la battaglia diplomatica. A Parigi, durante la Conferenza della Pace, due anni di durissime trattative ci avrebbero insegnato, come già scritto, la differenza che passa tra una acquisizione di territorio concordata prima della guerra e quella realizzata alla fine della stessa.

In via preliminare osserviamo il determinante intervento degli Stati Uniti nell’aprile del 1917 – Associato agli Alleati ma non firmatario del Patto di Londra poi osteggiato dal presidente statunitense Wilson -, la partecipazione dell’Italia al Congresso di Roma dell’aprile 1918 che vede l’Italia riconoscere il diritto all’indipendenza delle nazioni soggette all’Austria – Ungheria, e la richiesta dell’Italia durante le trattative di pace del dopo guerra di annettere Fiume non inclusa nei territori assegnati alla nostra nazione dal Patto di Londra dopo che questo era stato messo in discussione dall’Associato. Si svolgerà una battaglia che vede l’Italia impegnata ad ottenere il massimo possibile con una transazione tra gli obiettivi del Patto di Londra e quelli in esso non compresi, tra i quali non solo l’annessione di Fiume fortemente osteggiata da Wilson, ma anche l’annessione di altre parti di territorio non osteggiata da Wilson; transazione non priva di logica vista la profonda mutazione degli elementi costitutivi della realtà prebellica rispetto a quelli della nuova realtà post bellica.

Sono varie le proposte di assetto dei confini tra il Regno d’Italia e il Regno dei S. H. S..
Paolo Alatri scrive che all’inizio del 1919 gli statunitensi avrebbero disconosciuto i patti segreti europei e che nel rispetto del “[…] principio etnico e nazionalitario, escludevano la cessione all’Italia della costa dalmata, di Fiume e di buona parte dell’Istria, nella quale fissavano la frontiera con la Jugoslavia lungo [… la prima …] “linea americana” [raggiungente l’Adriatico nel canale dell’Arsa, lasciando così il territorio di Albona al regno dei S. H. S., mentre il 7 febbraio] col memorandum preparato da Barzilai [in collaborazione con l’ex Deputato istriano Salata, l’Italia …] sosteneva tutte le richieste derivanti dal Patto di Londra più Fiume” (22).
Inesatto Alatri, perché nel Memorandum Barzilai viene richiesta l’applicazione del Patto di Londra oltre ai territori di Dobbiaco, Tarvisio e a quello naturale situato tra Fiume e lo spartiacque raggiungente l’Adriatico di fronte allo scoglio dal nom fatidique de Saint-Marc, specificando inoltre che il confine passerà attraverso il valico di Nauporto; si legga inoltre con particolare attenzione là dove è scritto: “[…] En faisant abstraction de ces Conventions [Patto di Londra], les rivendications italiennes se presentent, dan cet axpose, animes de tels elements de justice, de legitimitè et de moderation qu’elles entrent parfaitement dans le cadre des principles enonces par le President Wilson et peuvent, par consequent, etre reconnues par tous“(23). Le rivendicazioni dell’Italia sono cioè scritte senza basarsi sul diritto al loro soddisfacimento da potersi vantare solo con gli Alleati perché basato sul Patto di Londra da essi sottoscritto, ma su principi generali di justice, legitimitè e moderation che rientrano perfettamente nel quadro dei 14 punti enunciati dal Wilson: è la risposta italiana, a un tempo diplomatica e dettagliata, all’Associato statunitense che con i 14 punti pubblicati l’8 gennaio 1918 aveva praticamente opposto i principi in essi contenuti al Patto di Londra, per altro dagli Stati Uniti non sottoscritto. Sarà secondo i principi generali contenuti nel Memorandum Barzilai che Orlando esporrà le rivendicazioni territoriali dell’Italia nella sua dichiarazione fatta durante la riunione della Conferenza della Pace del 19 aprile 1919.

A fronte delle rivendicazioni italiane contenute nel Memorandum Barzilai ci sono quelle presentate dai serbi – croati – sloveni, come risulta leggendo Ademollo là dove scrive che “[…] gli Iugoslavi presentarono una richiesta che il confine verso l’Italia fosse uguale a quello dell’ex-impero austro-ungarico prima della guerra, salvo qualche rettifica nel territorio di Gorizia.”(24).

Nulla viene deciso.

(22) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 27.
(23) Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Les Revendications de L’Italie sur les Alpes et dans l’Adriatique passim, Portale web Politica estera e Storia: documenti e immagini della Diplomazia italiana.
(24) U. Ademollo, Stati d’Europa  cit. pag. 20.

P.S. Ai paragrafi precedentemente impaginati e a questo ne seguiranno altri, ciascuno dei quali potrà essere riprodotto a titolo gratuito in qualsiasi forma, cartacea o non cartacea, alla sola condizione di indicarne la fonte: OBLO’ – www.claudiosusmel.it 

“Leva civile e militare obbligatoria in Italia”  Claudio Susmel

1924 – 2025
Centounesimo anniversario dell’annessione di Fiume all’Italia
Memoria Patriae prima vis