A tutti gli italiani
perché provino una ripugnanza infinita per i denigratori della Vittoria 1918 – 1924
e non si facciano ingannare dai falsificatori della Geografia e della Storia
Ad Alpes
4 dicembre 2025
Il sedicesimo paragrafo dal saggio:
Confini naturali e confini politici
per la Venezia Giulia e per la Dalmazia
nelle trattative
tra il Regno d’Italia, la Triplice Alleanza, l’Intesa, e l’Associato
(1914 – 1920)
16 – Considerazioni finali
Se furono avare le proposte fatte dall’Austria – Ungheria all’Italia negli anni 1914-15 perché non entrasse in guerra a fianco dell’Intesa, non furono propriamente generose le proposte confinarie fatte all’Italia alla fine della guerra, determinate dall’atteggiamento dell’Associato statunitense soprattutto ma anche da quello degli Alleati francesi e britannici. Associato e Alleati disputarono all’Italia non solo il territorio della Dalmazia a netta preponderanza etnica serbo-croata, ma anche dell’Istria etnicamente divisa più o meno in due tra latini (italiani) e slavi (croati e sloveni) dunque a netta maggioranza latino italiana, e di Fiume abitata per due terzi da italiani, e per un terzo da slavi prevalentemente croati.
L’annessione di quasi tutta la Dalmazia incontrò l’avversione più o meno accentuata e manifesta degli Alleati Francia e Regno Unito verso un’Italia militarmente sicura ed economicamente proiettata a oriente, e dell’Associato Stati Uniti d’America non firmatario del Patto di Londra.
Particolarmente pedante e ostile all’annessione all’Italia dell’Istria orientale e di quella parte della Dalmazia contemplate nel Patto di Londra (47), e di Fiume, con il suo atteggiamento sostanzialmente anti italiano tenuto nel corso delle estenuanti trattative per la pace, fu Wilson, il presidente di una nazione, gli Stati Uniti, che se è vero che aveva contribuito economicamente allo sforzo bellico dell’Italia come degli altri Alleati, è altrettanto vero che sul fronte italiano aveva mandato un solo reggimento, che aveva avuto un solo morto (sette considerando anche i morti in addestramento). Si metta a confronto questo dato con i cinquecentocinquantamila/seicentomila morti italiani, per misurare la differenza del contributo umano dato dalle due nazioni all’Alleanza per la conduzione della guerra 1914 – 1918 sul fronte italiano.
Si rilevi inoltre che Wilson parlò ed operò a danno di un’Italia vincitrice di una guerra combattuta dall’inizio alla fine con gli stessi alleati.
Wilson, che non aveva tenuto conto del confine etnico tra Italia e Austria (47a), aveva invece fatto continuo ricorso ad argomentazioni di carattere etnico ed anche confusamente ad argomentazioni sui confini naturali (48) con riferimento al confine tra Regno d’Italia e Regno dei S. H. S..
Era sembrato così aver voluto concretizzare sul terreno una precisa azione diplomatica volta a perseguire una politica volta da una parte al rafforzamento del confine italiano in Alto Adige e nel nord della Venezia Giulia per contenere l’espansione tedescofona verso il Mediterraneo, dall’altra parte volta a consolidare l’unità jugo slava per contenere l’espansione italiana nel Centro Europa e in Oriente. È la riedizione, curata dai cugini anglosassoni transatlantici, della tradizionale politica britannica che al fine di mantenere l’equilibrio di forze nella penisola europea, aveva nell’Ottocento favorito l’unità italiana per contenere la potenza francese.
D’altro canto il debito economico contratto dall’Italia con gli Alleati e l’Associato durante la guerra era stato determinante, tanto da presumibilmente moderare alquanto, alla fine della guerra, le richieste di attuazione delle clausole confinarie previste a suo favore dal Patto di Londra in caso di conclusione vittoriosa del conflitto.
Prima di considerare i vantaggi che i trattati di Saint Germain e di Rapallo portarono all’Italia, un breve accenno alla insoddisfazione della Francia, con le doglianze di assoluto rilievo del suo Presidente del Consiglio dei Ministri George Clemenceau (49), soprattutto per la mancata tutela della sicurezza militare sul fiume Reno nei confronti della Germania, e per l’esosità degli statunitensi con riferimento alla loro richiesta di rimborso dei prestiti concessi. Quanto accennato per rilevare che non si discusse solo di una “Vittoria Mutilata”, ma anche di una sorta di “Victoire blessé”.
Clemenceau non aveva evidentemente previsto che entrambe le due nazioni neolatine avrebbero potuto sì conseguire i frutti delle loro vittorie, ma che statunitensi e britannici avrebbero lottato per contenerli entro un perimetro territoriale economico e politico ben limitato dagli interessi del loro transoceanico impero anglofono.
Se le proposte fatte all’Italia furono ingenerose, come già scritto, pure sfociarono in trattati di cui vanno individuati i termini esatti: non la mancata annessione all’Italia della quasi totalità della Dalmazia prevista dal Patto di Londra in cambio della costituzione in stato sovrano di Fiume territorialmente contiguo all’Italia, ma anche dell’annessione all’Italia di Resia, Dobbiaco, Tarvisio e altre minime superfici territoriali ancora, territori tutti non contemplati nel Patto di Londra.
Una vittoria quella dell’Italia che da molti venne definita “mutilata” perché non rispettò le precise acquisizioni territoriali in Dalmazia pattuite il 26 aprile del 1915 col Patto di Londra sottoscritto dagli Alleati franco britannico russi, e perché alla spartizione delle Colonie tedesche tra gli Alleati non corrisposero adeguate compensazioni per l’Italia da parte degli smisurati imperi britannico e francese, compensazioni anche queste previste dal patto di Londra ma con formula generica.
Ciò nonostante risulta ugualmente una grande vittoria quella codificata con i trattati di Saint Germain e di Rapallo.
Grande vittoria per i confini naturali raggiunti in Alto Adige; che furono corretti dall’applicazione del principio del confine militare al Passo di Resia (e a passi minori), in quanto anche il suo versante settentrionale venne compreso all’interno dei confini politici italiani, confini naturali corretti dall’applicazione del principio del confine militare anche a Dobbiaco e Tarvisio situati al di là dello spartiacque alpino ma anch’essi compresi entro i confini politici italiani.
Vittoria molto importante per la linea di confine naturale indicata nel Patto di Londra per la Venezia Giulia, coincidente per lo più con le alte cime e i valichi delle Alpi Giulie, raggiunta quasi del tutto, e adottata con criterio espansivo per l’Italia con riguardo alla continuità orografica seguita avendo incluso nel territorio nazionale italiano anche il versante orientale del Monte Nevoso, questo più che presumibilmente tenendo conto di esigenze militari; si rilevi che il versante orientale di questo monte è pur sempre insistente a occidente dello spartiacque tra il bacino del Mare Adriatico e quello del Mar Nero.
Fu vittoria soddisfacente anche perché se dal Monte Nevoso il confine non diede seguito alla continuità orografica naturale perché fu tracciato fino al mare istituendone a oriente lo Stato libero di Fiume, pure garantì di questo la sua contiguità territoriale con l’Italia. Né si dimentichi l’annessione di Zara, delle Isole Lagostane non lontane dalla penisola di Sabbioncello, e dell’Arcipelago di Pelagosa non lontano dalle coste pugliesi.
In sintesi furono guadagnati all’Italia oltre 13.000 chilometri quadrati del Trentino Alto Adige, oltre 8.000 chilometri quadrati della Venezia Giulia, Zara e le Isole Lagostane in Dalmazia, e l’Arcipelago di Pelagosa fronteggiante le coste pugliesi (50); da sottolineare che queste annessioni furono costituite pressoché totalmente da territorio naturale italiano.
Fu una significativa vittoria anche per l’inversione della tendenza alla diminuzione della presenza linguistica e culturale italiana in Dalmazia, determinata oltre che dalla contiguità fisica dell’Italia con lo Stato libero di Fiume, anche dall’annessione di Zara e delle Isole Lagostane.
Questi gli obiettivi che furono raggiunti con la guerra 1915-1918 soprattutto grazie alla volontà di avvicinarsi al completamento dell’unità di un’Italia compresa tra i suoi confini naturali delle Alpi e dei mari; obbiettivo parzialmente raggiunto in precedenza con i combattimenti militari, diplomatici, e civili del 1848, 1859-60, 1866, 1870.
I tanti che non capirono quanto fossero grandi verrebbero oggi aiutati dall’osservare i confini politici italiani attuali. Questi furono fissati dal Trattato di Pace del 1947 con la sua ratifica del 1947 ed in seguito dal Trattato di Osimo del 1975 con la sua ratifica del 1977 (salvo qualche minima rettifica successiva), codificando la sconfitta dell’Italia seguita alla Seconda Guerra Mondiale (1940-1945). Confini politici perduranti nel 2025, molto diversi in Venezia Giulia da quelli ottenuti col Trattato di Rapallo del 1920, così come da quelli proposti nelle trattative di cui al titolo di questo contributo.
Fino a non molto tempo fa c’era chi si chiedeva perché parlare ancora oggi di confini, naturali o politici, definendoli argomenti superati. Oggi il compito di costoro è più arduo, perché se leggiamo anche soltanto la cronaca dei conflitti europei e medio orientali vi troviamo gli stessi conflitti della storia di ieri e dell’altro ieri.
Conflitti che ci ricordano la battuta che il Primo Ministro del Regno Unito, David Lloyd George, pronunciò alla fine della Prima Guerra Mondiale: “Questa guerra, al pari della prossima, sarà certamente l’ultima”.
(47) C. Susmel, I confini n. cit. tavola 33, Sassari, 2011.
(47a) L. Aldovrandi Marescotti, Guerra D. cit. pagg. 440/441.
(48) L. Aldovrandi Marescotti, Guerra D. cit. pagg. 226/227.
(49) G. Clemenceau, Grandezze e miserie di una vittoria, passim, Verona, 1930.
(50) C. Susmel, L’italianità geografica dell’Arcipelago cit. pagg. 81/86.
P.S. Ai paragrafi precedentemente impaginati e a questo seguirà un ultimo a chiusura del saggio, ciascuno dei quali potrà essere riprodotto a titolo gratuito in qualsiasi forma, cartacea o non cartacea, alla sola condizione di indicarne la fonte: OBLO’ – www.claudiosusmel.it
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