9 – Confini naturali e confini militari derivanti dall’Armistizio del 3 novembre 1918

Ai conduttori televisivi
che trattano i temi della politica internazionale
perché siano coscienti dei confini naturali italiani
e difendano il patrimonio artistico nazionale

non facendosi ingannare
dai falsificatori della Geografia e della Storia
Ad Alpes

16 Ottobre 2025

Il nono paragrafo dal saggio:

Confini naturali e confini politici
per la Venezia Giulia e per la Dalmazia
nelle trattative
tra il Regno d’Italia, la Triplice Alleanza, l’Intesa, e l’Associato
(1914 – 1920)

9 – Confini naturali e confini militari derivanti dall’Armistizio
Vittorio Veneto consente all’Intesa l’occupazione dei territori promessi all’Italia dal Patto di Londra e non solo, secondo la linea di occupazione concordata con l’Armistizio del 3 novembre 1918, come si rileva da una riunione interalleata del 30 ottobre 1918 durante la quale Lloyd George propone che si diano “[…] istruzioni ai periti di preparare i termini dell’armistizio con l’Austria, sulle basi seguenti: […] Occupazione della linea contemplata nel Trattato di Londra […]”(15); o come leggiamo dal bollettino Diaz del 3 novembre che annuncia: “Le nostre truppe hanno occupato Trento e sono sbarcate a Trieste […] Le truppe italiane hanno occupato Zara e le regie Navi “Emanuele Filiberto” e “Stocco” sono entrate nel porto di Fiume”.

Si sottolinea che i territori di Dobbiaco e Tarvisio vengono compresi nel perimetro della zona d’occupazione degli Alleati e dell’Associato, fissato dal “plenipotenziario” italiano Generale Pietro Badoglio con le clausole dell’Armistizio del 3 novembre 1918. E Paolo Alatri scrive che “[…] il 7 febbraio [1920] alla Camera dei Deputati Nitti, in risposta ad interpellanze sulla politica estera […] faceva alcune dichiarazioni [… dalle quali risulta che …] l’Italia occupava in Dalmazia una zona più estesa di quella che le era stata assegnata in base al Patto di Londra […]”(16).

(15) L. Aldovrandi Marescotti Guerra D. cit. pag. 194.
(16) P. Alatri, Nitti D’Annunzio e le questione adriatica (1919 – 1920) pag. 412, Milano, 1959.

P.S. Ai paragrafi precedentemente impaginati e a questo ne seguiranno altri, ciascuno dei quali potrà essere riprodotto a titolo gratuito in qualsiasi forma, cartacea o non cartacea, alla sola condizione di indicarne la fonte: OBLO’ – www.claudiosusmel.it

 “Leva civile e militare obbligatoria in Italia”  Claudio Susmel

1924 – 2025
Centounesimo anniversario dell’annessione di Fiume all’Italia
Memoria Patriae prima vis

10 – Problemi derivanti dall’occupazione militare dei territori assegnati all’Italia dal Patto di Londra

Ai partiti politici italiani perché inseriscano nei loro programmi
lo studio del confine naturale italiano
per non farsi ingannare
dai falsificatori della Geografia e della Storia
Ad Alpes

23 Ottobre 2025

Il decimo paragrafo dal saggio:

 Confini naturali e confini politici
per la Venezia Giulia e per la Dalmazia
nelle trattative
tra il Regno d’Italia, la Triplice Alleanza, l’Intesa, e l’Associato
(1914 – 1920)

10 – Problemi derivanti dall’occupazione militare
Dall’occupazione anche problemi.
L’opposizione del serbo Vesnic nella riunione del 31 ottobre 1918, che “[…] dice di accettare tale paragrafo [il terzo delle condizioni d’armistizio che stabilisce il ritiro delle truppe austro ungariche dietro la linea contemplata dal trattato di Londra …] ma con riserve. Egli non vede perché […] si enunci la linea dell’Adriatico, e non si parli di tutti i territori jugoslavi […]”(17).

Il Governatore della Dalmazia Ammiraglio Millo, riportato da Alatri, che scrive il 23 giugno 1919: “[…] Si era inoltre iniziato uno spostamento verso la nostra frontiera istriana dell’artiglieria ceduta dai francesi ai serbi, e transitavano per Zagabria numerosi treni carichi di truppe e artiglieri serbe, tutte dirette verso la linea di armistizio […] contemporaneamente veniva segnalato l’arrivo a Ragusa di un grosso transatlantico francese con circa tremila emigranti slavi provenienti dall’America che si dichiaravano volontari jugoslavi; infine, il Governo jugoslavo aveva recentemente chiamato sotto le armi i profughi goriziani. Da questi fatti, l’Ufficio Informazioni dei Territori Occupati di stanza a Trieste traeva l’impressione che il Governo serbo cercasse […] un’avventura militare sulla nostra frontiera (18).
Alatri scrive anche di 30 amministrazioni municipali sostituite da altrettanti commissari italiani, a opera del Governatore della Dalmazia Millo, dell’ostilità della popolazione slava, e di alcuni provvedimenti vessatori presi dalle autorità italiane elencati dal Comitato jugoslavo della Dalmazia; scrive di Nitti “[…] costretto a non attenuare la sua vigilanza non solo su quanto poteva accadere a Fiume e a Zara, ma anche sull’atteggiamento dei generali che in quelle città rappresentavano l’Italia […]” (18a).
A Fiume provocazioni dei militari francesi e reazioni degli italiani con disordini che culmineranno il 6 luglio “[…] Quella domenica vennero uccisi nove soldati francesi e ne furono feriti molti di più […]” (18b). Il 7 luglio il Primo Ministro francese Clemenceau durante la riunione del Consiglio Supremo rilevò i gravissimi fatti che riguardavano i soldati francesi a Fiume, e più atteggiamenti ostili da parte dell’Italia nei confronti della Francia, e dichiarò che “[…] le truppe francesi […] attualmente a Fiume continueranno a rimanervi per i diritti della Francia e ad occupare quella città insieme con gli Alleati ed a partecipare attivamente alle decisioni che gli Alleati prenderanno a riguardo della città medesima” (18c).
Ancora Alatri scrive che “[…] Motivo di difficoltà nei rapporti italo – francesi era anche costituito dal traffico d’armi che la Francia continuava a fare con la Jugoslavia e gli altri paesi dell’Europa orientale, servendosi delle linee ferroviarie che transitavano attraverso l’Italia […] alla frontiera orientale […] una verifica operata a metà luglio [1919] sui treni francesi diretti al Governo serbo faceva scoprire che uno conteneva dodici vagoni di materiale militare, un altro un carro carico di fucili e mitragliatrici, invece dei viveri che erano stati dichiarati […]”(18d).
Più avanti Alatri scrive che “Si riproducevano gli incidenti in varie località della costa dalmata occupata dalle truppe italiane. Il 12 agosto [1919] il comandante del presidio italiano di Dulcigno veniva fatto segno in piena piazza e alla presenza della popolazione ad irruenti minacce a mano armata da parte di un gruppo di jugoslavi con grida ostili contro l’Italia. Il comando italiano chiedeva al comando superiore di Valona di inviare subito a Dulcigno un cacciatorpediniere che si affiancasse alla torpediniera già alla fonda nel porto almeno finché non fosse stata ristabilita la completa tranquillità, e al Comando Supremo e al ministero della Guerra di fare i dovuti passi presso la rappresentanza jugoslava a Parigi affinché non fossero molestate le truppe italiane “le quali altrimenti”, scriveva il gen. Piacentini, “penseranno coi loro mezzi a proteggersi da sé stesse” (18e) .
Altri incidenti vengono riportati da Alatri, il quale prosegue scrivendo della “[…] commissione italo – serba, riunitasi a Fiume pochi giorni dopo, [che] prendeva deliberazioni per evitare altri spiacevoli incidenti” (18e).
E Alatri riporta anche di Nitti il quale il 16 agosto 1919 scrive al Ministro della Guerra, al capo di Stato Maggiore dell’Esercito e a Tittoni che “[…] il comando della Terza Armata e il comando di Fiume […] hanno creduto opportuno di svolgere un’avventata azione di propaganda […] Momenti assai delicati sono da prevedersi in un non lontano avvenire […] gli ufficiali che hanno svolto un’azione politica devono essere subito allontanati dalla zona di armistizio […]”(18f).

Leggiamo Badoglio che scrive di D’Annunzio, partito nella notte tra l’11 e il 12 settembre 1919 da Ronchi con alcuni volontari, che occupa Fiume il 12, e di “[…] un movimento di infiltrazione di elementi jugoslavi verso Longatico [… e che] Veniva inoltre segnalato un addensamento di truppe regolari jugoslave verso la linea di armistizio.”  Chiarendo che “[…] dopo la battaglia di Vittorio Veneto, le truppe italiane erano avanzate occupando una linea, detta “linea di armistizio” venendo a contatto, verso est, con le truppe Jugoslave. Quando si trattò di isolare Fiume, venne stabilito un cordone di truppe intorno alla Città, e la linea da queste occupata venne detta “linea di blocco”. La linea di armistizio e la linea di blocco avevano in comune un tratto verso est, corrispondente al confine del territorio fiumano, contiguo a quello jugoslavo” (19).
L’occupazione militare seguita all’Armistizio perdura, come riportato da Badoglio il 30 ottobre del 1919 e risulta evidente per l’Italia la sua importanza visto anche uno dei tanti progetti di confine falliti “[…] Le trattative per fare accettare a Wilson il noto progetto [Tittoni] sono completamente fallite […] quindi ancora vigenti condizioni come risultanti da armistizio stop Nostre truppe avrebbero quindi continuato ad occupare linea armistizio passata da Patto di Londra sia in Italia sia in Dalmazia stop […]” (20).
Ancora il 9 dicembre 1919 un’altra conferma del perdurare dell’occupazione militare quando Badoglio, Commissario Straordinario per la Venezia Giulia, a nome e per delegazione del Governo Italiano dichiara: “Il Governo Italiano […] intende mantenere integra nelle sue mani la linea di armistizio fissata a Villa Giusti […]”(21). Dichiarazione questa, di un generale, che ha il sapore di un avvertimento a forze ostili all’Italia.

Continuando a seguire cronologicamente le testimonianze circa l’occupazione dell’Intesa e i problemi che da essa sorgono, ancora Alatri riporta una lettera dell’Ammiraglio Millo del 10 dicembre 1919, da Zara, inviata al senatore De Lorenzo: “[…] La situazione è gravissima e permane tale. Il Governo sapeva da tempo come avrei agito: tutto il resto sono frasche. Finora la Dalmazia occupata è in ordine ed a Fiume temono perfino che il battaglione che è qui si regolarizzi troppo […] Se i volontari di Fiume vanno a contatto coi 30 battaglioni serbi che con 94 cannoni fronteggiano al Sud è la guerra […] la disciplina nei miei subordinati è perfetta […] Sono in relazione saltuaria con Fiume, e mi sembra che il Governo non si renda ben conto della potenza che hanno colà; parlo di quella morale. E’ inutile combatterla con piccoli mezzi materiali […] (vedi Alpini e c. t. Bertani). Bisogna a mio parere venire assolutamente ad un modus vivendi […] sono oggi convinto che la mia attuale posizione – a cavallo – è l’unica che può evitare guai peggiori. Ma il Governo mi ostacola in tutto; e spesso perciò sono impotente a dominare gli eventi […]” (22).
Alatri prosegue scrivendo che “[…] a Spalato il 27 gennaio [1920 …] La folla invase due piroscafi italiani alla fonda nel porto distruggendo la bandiera del Bosnia, venti negozi e varie sedi di istituzioni italiane in città tra cui […] la Società Operaia asportandone il ritratto del Re e portandolo quindi per strada con derisione. La nave da guerra Puglia si recò in quelle acque affiancandosi all’Aquilone, all’Impavido, al Mas e alla Vedetta che già vi si trovavano, e il suo comandante chiese tassativamente alle autorità locali riparazione per le offese e la punizione dei responsabili. Il governo locale di Spalato presentò infatti le scuse formali e promise l’indennizzo dei danni e la punizione dei colpevoli, e la bandiera del piroscafo, da cui era stata ammainata, vi fu rialzata alla presenza dei rappresentanti dello stesso governo locale. Una nuova dimostrazione anti italiana a Spalato, questa volta però senza incidenti o disordini, fu ripetuta il 29 gennaio”(22a).

L’occupazione dei territori da assegnarsi all’Italia in caso di vittoria dell’Intesa, secondo quanto previsto dal Patto di Londra e non solo, non risultò evidentemente priva di pericoli né mancò qualche incomprensione sul fronte interno, ma risulterà determinante per condurre le trattative con gli Alleati e l’Associato, contribuendo a limitarne le manovre politico territoriali sfavorevoli per l’Italia.

(17) L. Aldovrandi Marescotti, Guerra D. cit. pag. 196.
(18) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 49.
(18a) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 137.
(18b) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 63.
(18c) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 67/68.
(18d) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 93/94.
(18e) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 139.
(18f) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 142.
(19) P. Badoglio, Rivelazioni su Fiume pag. 22, Roma, 1946.
(20)P. Badoglio, Rivelazioni cit. pag. 231.
(21) P. Badoglio, Rivelazioni cit. pag. 127.
(22)P. Alatri, Nitti D’A. cit. pagg. 518/519.
(22a)P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 427.

P.S. Ai paragrafi precedentemente impaginati e a questo ne seguiranno altri, ciascuno dei quali potrà essere riprodotto a titolo gratuito in qualsiasi forma, cartacea o non cartacea, alla sola condizione di indicarne la fonte: OBLO’ – www.claudiosusmel.it

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1924 – 2025
Centounesimo anniversario dell’annessione di Fiume all’Italia
Memoria Patriae prima vis

Donaldus Imperator Pacis non aumentare la potenzialità bellica dell’ennesimo conflitto tra slavi

Accogli negli U.S.A.
i bambini offesi dalla guerra ucraino russa
Pueri solum innocentes

17 ottobre 2025

Salve Donaldus, Imperator Pacis.

Non aumentare la potenzialità bellica dell’ennesimo conflitto tra slavi.
Rifletti.
Riassumi nella tua mente le innumerevoli guerre che la Storia ha registrato tra slavi polacchi e slavi russi.
Leggi la storia delle guerre balcaniche precedenti la Prima Guerra Mondiale coinvolgenti nazioni slave.
Ricordati della miccia della Prima Guerra Mondiale accesa dal balcanico Gavrilo Princip.
Non dimenticare la guerra balcanica degli anni ’90 del secolo scorso, anch’essa coinvolgente nazioni slave, che causò 250.000 morti nel centro dell’Europa.
Renditi conto che la guerra in corso tra Russia e Ucraina è un’altra guerra tra slavi – che non è iniziata con la recente invasione dell’Ucraina – sulla quale soffia incautamente la altrettanto slava Polonia.

I Vladimiros ucraino russi, both slavics, si amano like knives.
Perhaps the true right name of both is Gavrilo: don’t be prisoner of them.

Nessuna arma statunitense, per quanto potente, riuscirà a piegare l’odio dell’uno o dell’altro.
Un’arma a lunga gettata però, che colpisse la famiglia di un notabile russo lasciando sopravvivere il capofamiglia, alto grado delle Forze Armate, potrebbe determinare la sua mente indebolita dal dolore a volere l’Olocausto dell’intera Terra.
E tu verresti ricordato e odiato come il peggior Presidente degli Stati Uniti della Storia.
Evoid this tragedy for all us, for your family, for yourself.
Don’t be conceited, rimember your masterpiece, the meeting whith the leader of North Corea after fighting rough words that were before between you: whithout use of weapons peace rimained.

Apri i tuoi ospedali, scuole, campeggi, parchi giochi e pizzerie – senza dazi – per i bambini russo ucraini: they only are innocent.
Così, con non disprezzabile personale effetto collaterale, potresti concorrere a buon diritto alla futura edizione del Premio Nobel per la Pace.

Vale Donaldus, Imperator Pacis.

 “Leva civile e militare obbligatoria in Italia”  Claudio Susmel

1924 – 2025
Centounesimo anniversario dell’annessione di Fiume all’Italia
Memoria Patriae prima vis