Informazioni su Fiume

Giornalista pubblicista. Cercatore di storia.

Memoria italiana

2 novembre,
la famiglia italiana ricorda tutti i caduti italiani
per la difesa dei confini nazionali.

4 novembre,
festa dell’unità d’Italia incompleta senza tante Province geograficamente italiane,
e delle Forze Armate.

8 novembre 1917,
al convegno di Peschiera tenuto tra l’Italia e i suoi alleati dopo la sconfitta subita a Caporetto, Vittorio Emanuele III rifiuta di arretrare ulteriormente la prima linea dell’Esercito: inizia l’epopea del Piave.

10 novembre 1975,
col Trattato (Accordo) di Osimo, l’Italia rientra in possesso delle sacche territoriali del Sabotino e del Colovrat occupate dalla Jugoslavia in spregio al Trattato di Pace del 1947.

24 ottobre – 4 novembre 2017
audio video della giornata di studi “Da Caporetto alla Vittoria”
realizzato da Davide Colombo.

"Servizio obbligatorio di leva militare in Italia"    Claudio Susmel

11 – Battaglie diplomatiche per i confini durante la Conferenza della Pace e non solo

Ai diplomatici italiani perché ricordando
quanto costò ai loro predecessori
conservare parte dei frutti
della guerra vinta sul campo
non si facciano ingannare
dai sorridenti falsificatori
della Geografia e della Storia
Ad Alpes

30 Ottobre 2025

L’undicesimo paragrafo dal saggio: 

Confini naturali e confini politici
per la Venezia Giulia e per la Dalmazia
nelle trattative
tra il Regno d’Italia, la Triplice Alleanza, l’Intesa, e l’Associato
(1914 – 1920)

11 – Battaglie diplomatiche per i confini durante la Conferenza della Pace e non solo
Conclusa vittoriosamente la battaglia militare di Vittorio Veneto che avvicina l’Italia ai suoi confini naturali, inizia la battaglia diplomatica. A Parigi, durante la Conferenza della Pace, due anni di durissime trattative ci avrebbero insegnato, come già scritto, la differenza che passa tra una acquisizione di territorio concordata prima della guerra e quella realizzata alla fine della stessa.

In via preliminare osserviamo il determinante intervento degli Stati Uniti nell’aprile del 1917 – Associato agli Alleati ma non firmatario del Patto di Londra poi osteggiato dal presidente statunitense Wilson -, la partecipazione dell’Italia al Congresso di Roma dell’aprile 1918 che vede l’Italia riconoscere il diritto all’indipendenza delle nazioni soggette all’Austria – Ungheria, e la richiesta dell’Italia durante le trattative di pace del dopo guerra di annettere Fiume non inclusa nei territori assegnati alla nostra nazione dal Patto di Londra dopo che questo era stato messo in discussione dall’Associato. Si svolgerà una battaglia che vede l’Italia impegnata ad ottenere il massimo possibile con una transazione tra gli obiettivi del Patto di Londra e quelli in esso non compresi, tra i quali non solo l’annessione di Fiume fortemente osteggiata da Wilson, ma anche l’annessione di altre parti di territorio non osteggiata da Wilson; transazione non priva di logica vista la profonda mutazione degli elementi costitutivi della realtà prebellica rispetto a quelli della nuova realtà post bellica.

Sono varie le proposte di assetto dei confini tra il Regno d’Italia e il Regno dei S. H. S..
Paolo Alatri scrive che all’inizio del 1919 gli statunitensi avrebbero disconosciuto i patti segreti europei e che nel rispetto del “[…] principio etnico e nazionalitario, escludevano la cessione all’Italia della costa dalmata, di Fiume e di buona parte dell’Istria, nella quale fissavano la frontiera con la Jugoslavia lungo [… la prima …] “linea americana” [raggiungente l’Adriatico nel canale dell’Arsa, lasciando così il territorio di Albona al regno dei S. H. S., mentre il 7 febbraio] col memorandum preparato da Barzilai [in collaborazione con l’ex Deputato istriano Salata, l’Italia …] sosteneva tutte le richieste derivanti dal Patto di Londra più Fiume” (22).
Inesatto Alatri, perché nel Memorandum Barzilai viene richiesta l’applicazione del Patto di Londra oltre ai territori di Dobbiaco, Tarvisio e a quello naturale situato tra Fiume e lo spartiacque raggiungente l’Adriatico di fronte allo scoglio dal nom fatidique de Saint-Marc, specificando inoltre che il confine passerà attraverso il valico di Nauporto; si legga inoltre con particolare attenzione là dove è scritto: “[…] En faisant abstraction de ces Conventions [Patto di Londra], les rivendications italiennes se presentent, dan cet axpose, animes de tels elements de justice, de legitimitè et de moderation qu’elles entrent parfaitement dans le cadre des principles enonces par le President Wilson et peuvent, par consequent, etre reconnues par tous“(23). Le rivendicazioni dell’Italia sono cioè scritte senza basarsi sul diritto al loro soddisfacimento da potersi vantare solo con gli Alleati perché basato sul Patto di Londra da essi sottoscritto, ma su principi generali di justice, legitimitè e moderation che rientrano perfettamente nel quadro dei 14 punti enunciati dal Wilson: è la risposta italiana, a un tempo diplomatica e dettagliata, all’Associato statunitense che con i 14 punti pubblicati l’8 gennaio 1918 aveva praticamente opposto i principi in essi contenuti al Patto di Londra, per altro dagli Stati Uniti non sottoscritto. Sarà secondo i principi generali contenuti nel Memorandum Barzilai che Orlando esporrà le rivendicazioni territoriali dell’Italia nella sua dichiarazione fatta durante la riunione della Conferenza della Pace del 19 aprile 1919.

A fronte delle rivendicazioni italiane contenute nel Memorandum Barzilai ci sono quelle presentate dai serbi – croati – sloveni, come risulta leggendo Ademollo là dove scrive che “[…] gli Iugoslavi presentarono una richiesta che il confine verso l’Italia fosse uguale a quello dell’ex-impero austro-ungarico prima della guerra, salvo qualche rettifica nel territorio di Gorizia.”(24).

Nulla viene deciso.

(22) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 27.
(23) Ministero degli Affari Esteri e della Cooperazione Internazionale, Les Revendications de L’Italie sur les Alpes et dans l’Adriatique passim, Portale web Politica estera e Storia: documenti e immagini della Diplomazia italiana.
(24) U. Ademollo, Stati d’Europa  cit. pag. 20.

P.S. Ai paragrafi precedentemente impaginati e a questo ne seguiranno altri, ciascuno dei quali potrà essere riprodotto a titolo gratuito in qualsiasi forma, cartacea o non cartacea, alla sola condizione di indicarne la fonte: OBLO’ – www.claudiosusmel.it 

“Leva civile e militare obbligatoria in Italia”  Claudio Susmel

1924 – 2025
Centounesimo anniversario dell’annessione di Fiume all’Italia
Memoria Patriae prima vis

10 – Problemi derivanti dall’occupazione militare dei territori assegnati all’Italia dal Patto di Londra

Ai partiti politici italiani perché inseriscano nei loro programmi
lo studio del confine naturale italiano
per non farsi ingannare
dai falsificatori della Geografia e della Storia
Ad Alpes

23 Ottobre 2025

Il decimo paragrafo dal saggio:

 Confini naturali e confini politici
per la Venezia Giulia e per la Dalmazia
nelle trattative
tra il Regno d’Italia, la Triplice Alleanza, l’Intesa, e l’Associato
(1914 – 1920)

10 – Problemi derivanti dall’occupazione militare
Dall’occupazione anche problemi.
L’opposizione del serbo Vesnic nella riunione del 31 ottobre 1918, che “[…] dice di accettare tale paragrafo [il terzo delle condizioni d’armistizio che stabilisce il ritiro delle truppe austro ungariche dietro la linea contemplata dal trattato di Londra …] ma con riserve. Egli non vede perché […] si enunci la linea dell’Adriatico, e non si parli di tutti i territori jugoslavi […]”(17).

Il Governatore della Dalmazia Ammiraglio Millo, riportato da Alatri, che scrive il 23 giugno 1919: “[…] Si era inoltre iniziato uno spostamento verso la nostra frontiera istriana dell’artiglieria ceduta dai francesi ai serbi, e transitavano per Zagabria numerosi treni carichi di truppe e artiglieri serbe, tutte dirette verso la linea di armistizio […] contemporaneamente veniva segnalato l’arrivo a Ragusa di un grosso transatlantico francese con circa tremila emigranti slavi provenienti dall’America che si dichiaravano volontari jugoslavi; infine, il Governo jugoslavo aveva recentemente chiamato sotto le armi i profughi goriziani. Da questi fatti, l’Ufficio Informazioni dei Territori Occupati di stanza a Trieste traeva l’impressione che il Governo serbo cercasse […] un’avventura militare sulla nostra frontiera (18).
Alatri scrive anche di 30 amministrazioni municipali sostituite da altrettanti commissari italiani, a opera del Governatore della Dalmazia Millo, dell’ostilità della popolazione slava, e di alcuni provvedimenti vessatori presi dalle autorità italiane elencati dal Comitato jugoslavo della Dalmazia; scrive di Nitti “[…] costretto a non attenuare la sua vigilanza non solo su quanto poteva accadere a Fiume e a Zara, ma anche sull’atteggiamento dei generali che in quelle città rappresentavano l’Italia […]” (18a).
A Fiume provocazioni dei militari francesi e reazioni degli italiani con disordini che culmineranno il 6 luglio “[…] Quella domenica vennero uccisi nove soldati francesi e ne furono feriti molti di più […]” (18b). Il 7 luglio il Primo Ministro francese Clemenceau durante la riunione del Consiglio Supremo rilevò i gravissimi fatti che riguardavano i soldati francesi a Fiume, e più atteggiamenti ostili da parte dell’Italia nei confronti della Francia, e dichiarò che “[…] le truppe francesi […] attualmente a Fiume continueranno a rimanervi per i diritti della Francia e ad occupare quella città insieme con gli Alleati ed a partecipare attivamente alle decisioni che gli Alleati prenderanno a riguardo della città medesima” (18c).
Ancora Alatri scrive che “[…] Motivo di difficoltà nei rapporti italo – francesi era anche costituito dal traffico d’armi che la Francia continuava a fare con la Jugoslavia e gli altri paesi dell’Europa orientale, servendosi delle linee ferroviarie che transitavano attraverso l’Italia […] alla frontiera orientale […] una verifica operata a metà luglio [1919] sui treni francesi diretti al Governo serbo faceva scoprire che uno conteneva dodici vagoni di materiale militare, un altro un carro carico di fucili e mitragliatrici, invece dei viveri che erano stati dichiarati […]”(18d).
Più avanti Alatri scrive che “Si riproducevano gli incidenti in varie località della costa dalmata occupata dalle truppe italiane. Il 12 agosto [1919] il comandante del presidio italiano di Dulcigno veniva fatto segno in piena piazza e alla presenza della popolazione ad irruenti minacce a mano armata da parte di un gruppo di jugoslavi con grida ostili contro l’Italia. Il comando italiano chiedeva al comando superiore di Valona di inviare subito a Dulcigno un cacciatorpediniere che si affiancasse alla torpediniera già alla fonda nel porto almeno finché non fosse stata ristabilita la completa tranquillità, e al Comando Supremo e al ministero della Guerra di fare i dovuti passi presso la rappresentanza jugoslava a Parigi affinché non fossero molestate le truppe italiane “le quali altrimenti”, scriveva il gen. Piacentini, “penseranno coi loro mezzi a proteggersi da sé stesse” (18e) .
Altri incidenti vengono riportati da Alatri, il quale prosegue scrivendo della “[…] commissione italo – serba, riunitasi a Fiume pochi giorni dopo, [che] prendeva deliberazioni per evitare altri spiacevoli incidenti” (18e).
E Alatri riporta anche di Nitti il quale il 16 agosto 1919 scrive al Ministro della Guerra, al capo di Stato Maggiore dell’Esercito e a Tittoni che “[…] il comando della Terza Armata e il comando di Fiume […] hanno creduto opportuno di svolgere un’avventata azione di propaganda […] Momenti assai delicati sono da prevedersi in un non lontano avvenire […] gli ufficiali che hanno svolto un’azione politica devono essere subito allontanati dalla zona di armistizio […]”(18f).

Leggiamo Badoglio che scrive di D’Annunzio, partito nella notte tra l’11 e il 12 settembre 1919 da Ronchi con alcuni volontari, che occupa Fiume il 12, e di “[…] un movimento di infiltrazione di elementi jugoslavi verso Longatico [… e che] Veniva inoltre segnalato un addensamento di truppe regolari jugoslave verso la linea di armistizio.”  Chiarendo che “[…] dopo la battaglia di Vittorio Veneto, le truppe italiane erano avanzate occupando una linea, detta “linea di armistizio” venendo a contatto, verso est, con le truppe Jugoslave. Quando si trattò di isolare Fiume, venne stabilito un cordone di truppe intorno alla Città, e la linea da queste occupata venne detta “linea di blocco”. La linea di armistizio e la linea di blocco avevano in comune un tratto verso est, corrispondente al confine del territorio fiumano, contiguo a quello jugoslavo” (19).
L’occupazione militare seguita all’Armistizio perdura, come riportato da Badoglio il 30 ottobre del 1919 e risulta evidente per l’Italia la sua importanza visto anche uno dei tanti progetti di confine falliti “[…] Le trattative per fare accettare a Wilson il noto progetto [Tittoni] sono completamente fallite […] quindi ancora vigenti condizioni come risultanti da armistizio stop Nostre truppe avrebbero quindi continuato ad occupare linea armistizio passata da Patto di Londra sia in Italia sia in Dalmazia stop […]” (20).
Ancora il 9 dicembre 1919 un’altra conferma del perdurare dell’occupazione militare quando Badoglio, Commissario Straordinario per la Venezia Giulia, a nome e per delegazione del Governo Italiano dichiara: “Il Governo Italiano […] intende mantenere integra nelle sue mani la linea di armistizio fissata a Villa Giusti […]”(21). Dichiarazione questa, di un generale, che ha il sapore di un avvertimento a forze ostili all’Italia.

Continuando a seguire cronologicamente le testimonianze circa l’occupazione dell’Intesa e i problemi che da essa sorgono, ancora Alatri riporta una lettera dell’Ammiraglio Millo del 10 dicembre 1919, da Zara, inviata al senatore De Lorenzo: “[…] La situazione è gravissima e permane tale. Il Governo sapeva da tempo come avrei agito: tutto il resto sono frasche. Finora la Dalmazia occupata è in ordine ed a Fiume temono perfino che il battaglione che è qui si regolarizzi troppo […] Se i volontari di Fiume vanno a contatto coi 30 battaglioni serbi che con 94 cannoni fronteggiano al Sud è la guerra […] la disciplina nei miei subordinati è perfetta […] Sono in relazione saltuaria con Fiume, e mi sembra che il Governo non si renda ben conto della potenza che hanno colà; parlo di quella morale. E’ inutile combatterla con piccoli mezzi materiali […] (vedi Alpini e c. t. Bertani). Bisogna a mio parere venire assolutamente ad un modus vivendi […] sono oggi convinto che la mia attuale posizione – a cavallo – è l’unica che può evitare guai peggiori. Ma il Governo mi ostacola in tutto; e spesso perciò sono impotente a dominare gli eventi […]” (22).
Alatri prosegue scrivendo che “[…] a Spalato il 27 gennaio [1920 …] La folla invase due piroscafi italiani alla fonda nel porto distruggendo la bandiera del Bosnia, venti negozi e varie sedi di istituzioni italiane in città tra cui […] la Società Operaia asportandone il ritratto del Re e portandolo quindi per strada con derisione. La nave da guerra Puglia si recò in quelle acque affiancandosi all’Aquilone, all’Impavido, al Mas e alla Vedetta che già vi si trovavano, e il suo comandante chiese tassativamente alle autorità locali riparazione per le offese e la punizione dei responsabili. Il governo locale di Spalato presentò infatti le scuse formali e promise l’indennizzo dei danni e la punizione dei colpevoli, e la bandiera del piroscafo, da cui era stata ammainata, vi fu rialzata alla presenza dei rappresentanti dello stesso governo locale. Una nuova dimostrazione anti italiana a Spalato, questa volta però senza incidenti o disordini, fu ripetuta il 29 gennaio”(22a).

L’occupazione dei territori da assegnarsi all’Italia in caso di vittoria dell’Intesa, secondo quanto previsto dal Patto di Londra e non solo, non risultò evidentemente priva di pericoli né mancò qualche incomprensione sul fronte interno, ma risulterà determinante per condurre le trattative con gli Alleati e l’Associato, contribuendo a limitarne le manovre politico territoriali sfavorevoli per l’Italia.

(17) L. Aldovrandi Marescotti, Guerra D. cit. pag. 196.
(18) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 49.
(18a) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 137.
(18b) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 63.
(18c) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 67/68.
(18d) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 93/94.
(18e) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 139.
(18f) P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 142.
(19) P. Badoglio, Rivelazioni su Fiume pag. 22, Roma, 1946.
(20)P. Badoglio, Rivelazioni cit. pag. 231.
(21) P. Badoglio, Rivelazioni cit. pag. 127.
(22)P. Alatri, Nitti D’A. cit. pagg. 518/519.
(22a)P. Alatri, Nitti D’A. cit. pag. 427.

P.S. Ai paragrafi precedentemente impaginati e a questo ne seguiranno altri, ciascuno dei quali potrà essere riprodotto a titolo gratuito in qualsiasi forma, cartacea o non cartacea, alla sola condizione di indicarne la fonte: OBLO’ – www.claudiosusmel.it

“Leva civile e militare obbligatoria in Italia”  Claudio Susmel

1924 – 2025
Centounesimo anniversario dell’annessione di Fiume all’Italia
Memoria Patriae prima vis