Trasloco militare italiano dal Libano in Albania?

A difesa dei centri di accoglienza,
della nazione amica, della nostra Europa.
Parva domus sed apta nobis

16 novembre 2023

Che possono fare mille o mille e cinquecento soldati italiani sul confine israeliano libanese?
Sono professionisti seri, umani, generosi, ma inquadrati tra lacci giuridici nazionali e lacciuoli giuridici della missione internazionale di cui fanno parte.
Esposti alle reazioni di una potenza atomica verso il mondo arabo, e di una ospitante gruppi terroristi che nuotano nell’acqua del mondo arabo del Vicino Oriente cui Israele – per usare un eufemismo – non risulta particolarmente simpatico.
Con portaerei statunitensi e flotta russa nelle vicinanze.

Un accordo di massima recentemente raggiunto tra la nostra Presidente del Consiglio dei Ministri d’Italia Giorgia Meloni e il Primo Ministro d’Albania Edi Rama prevede l’insediamento di due centri di accoglienza per i migranti irregolari sbarcati in Italia.
Insediamenti sotto giurisdizione italiana, lungo il confine nord occidentale dell’Albania, su territorio privo di valore economico, con spese totalmente a carico dell’Italia; accordo libero, incruento, tra due nazioni unite dal lago Adriatico.
Non sarebbero più utili per questi insediamenti i mille e cinquecento soldati italiani stanziati in Libano?
A protezione del personale italiano, degli stessi migranti, della nazione albanese in procinto di essere ammessa a far parte dell’Europa unita politicamente, non solo geograficamente.

A difesa della pace in una zona ristretta dei Balcani, realisticamente presidiabile da mille e cinquecento soldati.
O c’è qualcuno che pensa inutile avere mille e cinquecento professionisti seri, umani, generosi, nei Balcani, e per di più in zona di confine?
Nella nostra Europa, non in Asia.

 “Servizio di leva militare obbligatorio in Italia”    Claudio Susmel

1924 – 2023
Novantanovesimo anniversario dell’annessione di Fiume all’Italia
Memoria Patriae prima vis

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