Pensioni, reddito di cittadinanza, slavi jugo, e Aile Selassiè.

Il lavoro e i suoi artificiosi surrogati
Pellem detrahis si veritatem voluis

Gennaio 2019

Pensioni anticipate, perché così si lascerebbero liberi posti di lavoro per i giovani. Reddito di cittadinanza, perché così si stampellerebbe anche l’indigenza dei meno giovani.
Parecchi in Italia la pensano così. Altri pensano che i lavoratori resisi liberi troppo presto finiranno per lavorare in nero – avendo già copertura previdenziale e assistenziale – togliendo così lavoro ad altri giovani, e dubitano che i controlli statali possano impedire il lavoro nero dei fruitori del reddito di cittadinanza ancora disoccupati.

Col Trattato di Pace del 1947 la Jugoslavia chiese ed ottenne l’intera Istria tranne una piccola parte nord occidentale – Muggia – rimasta all’Italia, e forzò l’esodo di 250.000/300.000 giuliano dalmati, perché così, oltre tutto, avrebbe potuto occupare fabbriche e industrie che le avrebbero dato benessere.
Quasi tutti in Jugoslavia la pensarono così nel Dopoguerra.
Oggi sono in procedura fallimentare i cantieri navali di Pola e Fiume: quanti slavi jugo sono a spasso?; l’occupazione della terra più l’esproprio dei cantieri più la mancata concorrenza degli italiani più il ferreo sostegno dell’apparato statale non sono stati sufficienti a sostituire il lavoro e la competenza delle maestranze e dei dirigenti italiani.

Italia. Jugoslavia.
Uno stato liberal democratico, e un altro stato prima comunista oggi liberale in quella sua parte denominata Croazia, che a quanto pare non hanno tenuto e non tengono nel dovuto conto l’obbligo primario di qualsiasi modello politico di nazione: creare opportunità di lavoro; creare opportunità di lavoro non sostituire quelle già esistenti.
La quasi totalità dei politici amministranti queste due nazioni aveva ed ha la pelle bianca.
Ricordiamo allora il nerissimo Ailé Selassiè, l’Imperatore d’Etiopia spodestato nel 1936 dagli italiani invasori, che rimesso sul trono nel 1941 dai britannici opportunisti – per l’attraversamento del Canale di Suez avevano riscosso il pedaggio dalle invadenti navi italiane adibite al trasporto truppe – deluse le loro aspettative di imperial italofobia, quando atterrato nella sua patria, col suo primo proclama ordinò: Che nessuno tocchi gli italiani; egli stesso ne nascose qualche centinaio nel suo palazzo.
Non si fermò all’apparenza: per quanto nera fosse allora la camicia indossata dagli italiani, gli avevano portato un’intera classe media.
Il nerissimo Imperatore – schiavista fino al 1936 – aveva capito che la sostanza di tutta la faccenda era costituita dal lavoro, il solo produttore di benessere duraturo e diffuso.
E così non buttò gli italiani a mare, si limitò a mettere le loro camicie in lavatrice.

Attendiamo fiduciosi che i bianchissimi Presidenti delle organizzazioni statuali, regionali, provinciali, comunali, circoscrizionali, comunitarie e comitali dell’Italia redenta ed irredenta lo imitino presto. 

Servizio obbligatorio di leva civile in Italia   Claudio Susmel

Fiume d’Italia
1919 – 2019
Memoria Patriae prima vis

Fiume non era compresa tra le rivendicazioni italiane del Patto di Londra che, sottoscritto il 26 aprile del 1915 con Regno Unito, Francia e Russia, ci impegnò ad entrare  in  guerra contro  l’Austria – Ungheria  entro il maggio dello stesso anno, a fianco dei già belligeranti alleati.
Gli Stati Uniti, associatisi nel 1917, non si ritennero legati a un Patto che non avevano sottoscritto, e il loro presidente Wilson contestò con tignoso puntiglio la piena applicabilità di quelle clausole che in caso di vittoria prevedevano l’attribuzione all’Italia dell’intera Istria e di buona parte della Dalmazia.
A guerra finita si stava rinegoziando tutto, compresa l’annessione di Fiume al resto d’Italia.
Perché l’Italia perseguì l’annessione politica di Fiume? 

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2 pensieri su “Pensioni, reddito di cittadinanza, slavi jugo, e Aile Selassiè.

  1. Va be’, adesso non esageriamo, anche i cantieri di Trieste e Muggia sono chiusi da un pezzo. L’economia globalizzata e la fine delle sovvenzioni statali spiegano il tutto.
    Tra parentesi: a Muggia nessuno si ricorda più che quella era Istria un tempo. Nelle scuole locali nessuno commemora l’esodo e le foibe e nemmeno il ritorno dell’Italia.
    Ho fatto presente a alcune persone dell’ANVGD di Roma che, se nemmeno in Friuli Venezia Giulia le scuole ricordano queste cose, non ci si può poi scandalizzare se neanche altrove vengono ricordate. Ma si sono offesi dell’osservazione.

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