1946, la nebbia delle illusioni si dirada

Qualche anticipazione sul Trattato di Pace
ormai prossimo

Tandem credulis parva supervenit lux 

In che misura è già conosciuto nel 1946 il danno che per la guerra persa del 1940 – 1943 sarebbe stata inflitto a tutti gli italiani, neutralisti d’anteguerra e anglofili inclusi, e che sarebbe stato codificato con le norme del Trattato di Pace del 1947?

Certamente lo temono il Ministro degli Esteri De Gasperi, che  protesta  per l’occupazione jugoslava di Trieste nel maggio 1945.
E Bonomi, che scrive a Yalta nel febbraio del 1945 mettendo in rilievo la partecipazione di 500.000 soldati italiani alla guerra contro la Germania.
E altri ancora (1).
Per il suo ruolo, ne ha più di qualche sentore l’Aiutante di Campo Generale di Vittorio Emanuele III, quando afferma che (2) … Gli Alleati, ma soprattutto gli inglesi, nella loro azione perseguono un fine molto chiaro … vogliono annientare questo Paese perché non possa più risorgere al rango di grande Potenza. Puntoni scrive anche di informazioni sul futuro della Regia Marina date al Re da De Courten, sa del “Lungo Armistizio” firmato a Malta il 29 settembre del 1943, e riporta la mancanza di entusiasmo da parte dei cobelligeranti occupanti nell’accogliere le proposte di partecipazione alla guerra della cobelligerante occupata Italia. Scrive del Ministero Bonomi (giugno 1944) riconosciuto dagli Alleati a condizione che  tutti i suoi membri accettino le clausole dell’armistizio. Accenna alla dichiarazione di Eden ai Comuni circa la perdita delle nostre Colonie salvo la successiva smentita del Governo britannico. Scrive dello sgombero di Trieste e dell’Istria intimato alla Jugoslavia dai britannico statunitensi, e dello sgombero del Piemonte (Valle d’Aosta) intimato alla Francia, e ancora  delle rettifiche di confine chieste dalla Francia all’Italia. Segnala il discorso alla radio di Truman: … un governo democratico italiano ci consentirà di accogliere l’Italia nel seno delle Nazioni Unite. Riporta le brutte notizie per l’Italia del settembre/novembre del 1945 a proposito delle colonie, del disarmo e dei danni di guerra, scrive anche che vengono pubblicate le clausole dell’armistizio corto e lungo, che entro il dicembre del 1945 tornerà all’Italia il suo Settentrione ma non la Venezia Giulia, che la nostra nazione verrà trattata come gli ex nemici, e scrive ancora delle proteste di De Gasperi che ricorda la cobelligeranza, e dell’Austria che reclama l’Alto Adige.
Certamente del redigendo TP47 ne sa parecchio il Re Umberto II. E da coprotagonista del duello appena concluso capisce bene che il “dietro le quinte” del referendum è più importante della scena madre che si è rappresentata sul palcoscenico istituzionale;  Umberto infatti, in procinto di andare in esilio, nel suo proclama agli italiani motiva la sua decisione di partire, nonostante ritenga di aver subito un sopruso, con la necessità primaria di preservare l’unità d’Italia, perché vede le sue frontiere minacciate … e invita ad evitare l’acuirsi dei dissensi chepotrebbero rendere più gravi le condizioni del trattato di pace (3).

Leggiamo ora Carlo Sforza, che nella sua prefazione a un libro di Ivor Thomas (4), definisce l’autore inglesissimo, qualificando la sua opera come un tassello perfettamente inserito nella tradizione degli ottimi rapporti britannico italiani precedenti l’incongruo intervallo del ventennio fascista. Quando però in chiusura il prefatore scrive che … Thomas serve la  causa della libertà italiana … ma serve ancor più la causa della sua Inghilterra che – egli ben lo sa – non ha niente da guadagnare apparendo a torto come poco amica di un popolo che vuol cercare liberamente la strada della propria risurrezione morale e politica … sembra proprio svelare il suo intento diplomatico consistente nell’ammonire il Regno Unito a non calcare la mano del vincitore sul vinto. L’autore d’altra parte mette in rilievo le debolezze dell’Italia, come la povertà di materie prime e la necessità di fare emigrare i suoi figli, per rilevare la necessità che non si isoli sul piano internazionale, salvo poi citare le parole di Scorza in una sua lettera al New York Times del 1942: Gl’italiani collaboreranno … alla risoluzione di ogni problema internazionale che li concerne, ad una sola condizione: che non vi debba essere discussione di problemi italiani come tali, ma del lato italiano di problemi europei, per concludere che … l’occupazione dell’Italia da parte degli anglo – americani … ci ha dato delle basi dalle quali possiamo lanciare colpi ai Balcani, e perfino nel cuore della Germania stessa … la pianura lombarda è un punto strategico chiave in Europa, e lì sarà desiderabile fissare le basi delle unità aeree e di altra natura … Non deve esservi quistione di diritti sovrani, perché non si tratta più di problemi italiani, ma soltanto di lati italiani di problemi europei. Thomas cioè, dopo la sua zuccherosa analisi dei secolari rapporti britannico italiani, chiude pensando all’installazioni di basi (non solo aeree) sul territorio italiano, basi che si presumono britannico statunitensi; nulla scrivendo circa la reciprocità di basi nel Regno Unito e negli Stati Uniti da garantirsi all’Italia, cui anzi gli articoli 61 e 64 del Tp47 imporranno di organizzare Esercito e Aviazione al solo fine di difesa delle proprie frontiere (5). Insomma, il libro di Thomas e la sua prefazione firmata da Scorza sono un chiaro esempio di come dopo il Patto di Armistizio del 3 settembre 1943, siano cominciate le schermaglie (anche) diplomatico letterarie, neanche troppo velate, sui nuovi rapporti di forza tra l’Italia e i suoi occupanti, che il Trattato di Pace codificherà nel 1947 a svantaggio dell’Italia per diversi anni, e, per certi aspetti tutt’altro che secondari, fino ad oggi.

Una parziale conoscenza delle sue clausole insomma, aveva in qualche modo e misura anticipato fra gli italiani il contenuto del TP47, anche se l’equivoca nebulosità della cobelligeranza avvolgeva, in quel concitato angoscioso 1946, uomini, trattative ed eventi.
L’analisi di alcune clausole fondamentali e la lettura integrale dei suoi articoli, ci consente oggi di capire più compiutamente quali furono i reali rapporti di forza che il TP47 codificò tra le nazioni vincitrici della Seconda Guerra Mondiale (camerieri inclusi) e l’Italia.

(1) – Mario N. Ferrara, La politica estera dell’Italia libera (1945 – 1971).
(2) – Paolo Puntoni, Parla Vittorio Emanuele III.
(3) – A cura di Falcone Lucifero, Il pensiero e l’azione del Re Umberto II dall’esilio.
(4) – Ivor Thomas, Libera Italia in libera Europa.
(5)- Dall’articolo 61 del TP47: … L’organizzazione e l’armamento delle forze italiane di terra, e la loro dislocazione nel territorio italiano dovranno essere concepiti in modo da soddisfare unicamente compiti di carattere interno, di difesa locale delle frontiere italiane e di difesa antiaerea.
Dall’articolo 64 del TP47: … L’organizzazione e l’armamento dell’aeronautica italiana e la relativa dislocazione sul territorio italiano dovranno essere concepite in modo da soddisfare soltanto esigenze di carattere interno di difesa locale delle frontiere italiane e di difesa contro attacchi aerei.

 Servizio obbligatorio di leva civile in Italia     Claudio Susmel

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Un pensiero su “1946, la nebbia delle illusioni si dirada

  1. Questo articolo conferma le mie osservazioni (giudicate troppo aspre) sui politici del tempo della guerra e del dopoguerra ,
    Capisco le necessità dei veri profughi, ma disprezzo tutti coloro che arrivano qui certi di avere tutti i diritti e nemmeno il dovere di rispettare le nostre leggi ( già per conto loro assai corrive ) e nemmeno la nostra Bandiera. Coloro che hanno creato i problemi dovrebbero pagare i costi molto di più e non portarci ad essere alla fine, e in casa nostra,più miserabili dell’ultimo dei migranti.

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