La Liberazione e un bel viaggio con qualche promessa mancata

Capriccio romano
Sol qui surge liber et iucunde

25 aprile 2017
Il cronista parte il 25 aprile, perché al di là dei festeggiamenti ufficiali anche lui ogni tanto vuole liberarsi da qualche consuetudine.
I mezzi moderni gli consentono di farlo con rapidità. Ovviamente ogni  liberazione ha il suo costo, a cominciare dal supplemento festivo del taxi per l’aeroporto: 20 euro invece dei feriali 17, che poco tempo fa a Cagliari erano 15; il cronista confessa che consulterà il costo di custodia in aeroporto per la macchina e confronterà i prezzi.
Sul trenino da Fiumicino a Roma festeggiano la liberazione anche i bagagli su ruote, che evadono dai rigidi confini del vano loro riservato e affettuosamente lambiscono gambe e ginocchia – attenzione ai menischi operati! – dei passeggeri, che ogni tanto li riconducono al loro posto.
Festeggia la liberazione dal superfluo l’Hotel Virgilio di via Palermo, che non mantiene le promesse della stampa di prenotazione, limitandosi a fornire lo stretto indispensabile nel locale, della camera 114, dove si entra da soli.
Depositati i bagagli, il cronista, essendosi iscritto a un corso di formazione professionale durante il quale si parlerà della Difesa europea, fa giudiziosamente un sopralluogo in via XX settembre, e individuato al n. 2 il Circolo Ufficiali delle Forze Armate d’Italia, che non è lontano dalla sua temporanea austera residenza di via Palermo, decide di tornare incontro alla sua giovinezza piumata dirigendosi verso Porta Pia. Così appura che il monumento fuori Porta promette ancora la Patria ai Bersaglieri, ma non l’antistante museo a loro dedicato che festeggia la liberazione dai suoi obblighi propagandistici e suscitatori di vari amarcord negli ex militari di leva, restando chiuso; forse non vuole mettere in concorrenza la liberazione di Roma del 1870 effettuata da italiani, con quella più recente effettuata da ex nemici divenuti cobelligeranti occupanti. Il cronista già piumato torna allora verso il suo albergo, a tre stelle ma non tutte luccicanti, a passo moderato, perché un dodicesimo ’76 può in circostanze di emergenza correre ancora, ma non è il caso di farlo in continuazione per egoistici futili motivi di svago, benché storico patriottici.
Al pomeriggio c’è il tempo – l’ubicazione strategica di via Palermo costituisce la giustificazione per due delle tre stelle attribuite all’Hotel Virgilio – di andare a vedere la mostra di Boldini, nei locali adibiti del non lontano complesso del Vittoriano.
Un momento prima di entrare sia concesso al cronista di commuoversi stupidamente per l’ennesima volta al vedere tutto quel bianco vittorioso splendente sotto il sole con quattro immensi tricolore che lo accarezzano – nei giorni festivi sono quattro e non due – e al vedere una folla multicolore passeggiare per via dei Fori Imperiali al posto dei nemici del primo tempo della guerra più disgraziata d’Italia e al posto dei cobelligeranti occupanti del secondo tempo: che panorama di sontuosa storica attuale autentica libertà fratellini italiani miei!
All’interno, oltre a un celebre bel quadro di Lega, “La visita”, il vostro cronista si trattiene a guardare una tavoletta illustrante il pittore Bechi, dipinta dal primo Boldini, il Boldini macchiaiolo. Segue in fuga una serie di donne vaporose con la boccuccia aperta, ottime per i parigini. E poi c’è Donna Florio: lei non è in serie; rifacimenti o no di questo grande quadro verticale, sui quali il superficiale deambulante cronista viene informato da una delle poche didascalie che si è fermato a leggere, lei, Donna Florio con la sua infinita collana di perle, è splendida non appariscente, femminuccia non vezzosa, elegante non vaporosa, e totalmente priva di insolenza spocchiosa d’epoque: che bella donna, che bella Donna.

26 aprile 2017
Diversi supermarket aperti consentono ristori economici, anche senza maionese e dubbie spezie.
La conquista di una splendida Villa Borghese con i suoi lunghi ombreggiati viali, la Galleria Borghese e la Galleria Nazionale d’Arte Moderna, costeranno al cronista due ematomi, dovuti ai san pietrini preliminari all’arrivo al parco o al ghiaietto dei viali.
Finalmente il cronista raggiunge all’interno della Galleria Borghese una delle donne che gli è sempre sfuggita: Paolina, la sorella di Napolione Buonaparte, scolpita dal Canova.
Paolina è lì, ma non gli parla.
C’è però il Bernini, con il suo Plutone che rapisce Proserpina: che fai cronista?, ancora ti immedesimi in un uomo forte che sorride mentre affonda le sue grinfie nelle bianche, morbide carni –  sì, il marmo di questo Bernini non lo senti come marmo neanche facendo ricorso al più disincantato cinismo – di una tondeggiante Proserpina, che fa presagire future arrendevolezze a realtà d’amplessi anticipati da realismi figurativi moderati ma efficaci.
E c’è del Bernini anche il solido Enea, con Anchise sulle spalle, e il piccolo Ascanio col suo visetto spaurito; potrebbe essere il simbolo di una Patria che funziona senza bisogno di essere liberata da interessati transalpini, ma al mezzo sangue fiumano del cronista ricorda che lui non è mai andato a una festa della Liberazione perché a Fiume la celebrano il 5 maggio non il 25 aprile, la celebrano i croati. Egli, lo stolido, aspetta che cambi la data dei festeggiamenti, allora sarà disposto a coprirsi di tutti i simboli partitici di questa e della precedente Italia, con abbondanza di messi dorate e strumenti agricoli relativi, incudini, martelli, scudi, edere, stelle, carrocci, corone turrite o gemmate, e quant’altra paccottiglia propagandistica del passato del presente e del futuro, ma al momento non è disposto a farsi prendere in giro dalle vuote chiacchiere di chi gli ha rubato la terra del padre e di chi non fa nulla per farsela restituire.
Via, verso una Galleria d’Arte Moderna svuotata dei suoi capolavori che si presenta presuntuosamente troppo bianca di pareti e con qualche ragazzo al centro di una sala che pesca acqua in una sorta di piscina: l’ignoranza del cronista pensa che il grande Cecioni avrebbe meglio affollato gli occhi di italiani e stranieri di quella cosa con acqua per terra che francamente non capisce: in cuor suo si augura che cambi presto l’esposizione o la direttrice della galleria.
Al pomeriggio passeggiata defaticante a via del Corso, e trasversalmente fino alla fontana di Trevi, che riesce a biancheggiare luminosa e nitrisce festosamente spumeggiante  nonostante l’affollato non regolamentato proscenio, obeso da visitatori e venditori multicolori.

27 aprile 2017
Il corso di aggiornamento per giornalisti previsto alle 9 inizia alle 9 e 30 e mancano dei relatori.
Il generale Cont, pilota, fa capire al cronista che è stato più facile raggiungere uno standard europeo per l’Areonautica, perché i costi di produzione di un aereo hanno imposto ai nazionalismi onanistici d’Europa di confederarsi, copulando finalmente col buon senso.
Un altro intervento – perché non distribuire ai giornalisti in sala un foglietto con i nomi dei relatori e qualche riga sul tema delle loro relazioni? – spiega che la leva militare in Italia è stata non abolita ma sospesa; a questo punto il cronista ricorda una Civitavecchia che dopo le 18 era tutta rosso blu per la libera uscita dei bersagliereschi fez democratici, e si chiede come sarà oggi, tutta nera? Il relatore spiega che una commissione di studio ha esaminato la possibilità di ripristinarla la leva, ma le considerazioni negative hanno superato le positive; perché non spiegare quali sono le une e le altre?
Un rapido viaggio filma un po’ di storia di guerre italiane grazie alle ricerche di Roberto Olla, che definisce lo sbarco anglosassone a Pantelleria un’occupazione e l’ingresso a Roma una liberazione; pensando ai bombardamenti dell’aviazione anglosassone sui civili italiani, inermi perché ormai senza contraerea, e alle torture dei tedeschi su italiani altrettanto inermi nella romana via Tasso, la doppia scelta semantica ci può stare.

28 aprile 2017
All’interno di Villa Torlonia il Casino Nobile presenta due camere da letto massicce ma tutto sommato modeste, che donna Rachele e il suo Cavaliere hanno abitato tanti anni fa. Quanto tempo fa. Qualche didascalia racconta delle conigliere, e degli orti  che donna Rachele aveva fatto funzionare un’ottantina di anni prima della tanto lodata signora Obama: allora era di moda l’esempio autarchico, in questo caso un buon esempio.
Il Casino delle Civette poco distante è un gioiello colmo di gioielli, e una vetrata con due cigni e un denso rosso intorno ineguagliabile (e indescrivibile per il modesto cronista) è uno spettacolo nello spettacolo.

Già, già.
Il vostro lacunoso cronista ha però un problema con questo capriccio romano.
Un problema che nasce, per esempio, tornando da Villa Borghese, quando dall’alto vede giù i fiori in Piazza di Spagna, e sullo sfondo la michelangiolesca cupola di San Pietro nella luce del sole, e ha appena visto Bernini, e altro incanto ha visto e vedrà, ancora e ancora.
Ecco, Roma lo prende così, e allora si accorge che non è più e non è mai stato un cronista serio, perché la sua anima si rifiuta di giudicarla, la sua anima e il suo corpo si sono ancora una volta abbandonati e la amano.
E così sia per tutti, per i prossimi tremila anni.

Servizio obbligatorio di leva civile in Italia   Claudio Susmel

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