Uno spettacolo gradevole alla Sala Umberto
Roma
Perché la recensione di uno spettacolo in una pagina di solito dedicata alla politica italiana nazionale e internazionale?
Per ridere grazie a un professionista della scena teatrale, e non a causa delle tante evanescenti figure dilettantistiche che da troppo tempo occupano le scene del “Grande gioco” e anche di quello più piccolo.
Roma, 9 maggio 2018, Sala Umberto in via della Mercede, ore 17,00, subito dopo il saluto inevitabile alla vicina Piazza di Spagna.
Lieve sconto over 65.
Accesso cortesemente permesso anche prima dell’orario d’ingresso, ai locali che rispondono al richiamo della prostata.
Una hostess – ma si chiamano poi così? – ha un gradevole volto incorniciato da un taglio di capelli che potrebbe fungere da sponsor tipo Maria José di Savoia, per la (bella) Sala (di) Umberto.
All’intervallo la velocità di servizio al bar rende problematico l’approvvigionamento anche se siamo meno di dieci a voler fare rifornimento.
Sangue.
Gabriele Cirilli ci mette il sangue.
Nella voce, nel gesto, nella diffusa voglia di vivere che emana da ogni sua entrata in scena, facendo così dimenticare per quasi due ore le troppe evanescenti figure di dilettanti della politica che velano lo splendente sole d’Italia e quello più o meno pallido d’Europa.
E’ una bistecca al sangue – nonostante i suoi 51 anni (ci gioca sulla sua età con un pizzico di legittima vanità) – anche quando opera per la captatio benevolentiae del suo pubblico, anche quando pronuncia battute che hanno fatto sorridere a suo tempo Romolo e Remo.
Sanguigno dall’inizio alla fine.
Non ha bisogno della coppietta seduta a fianco di chi scrive, che sembra essere addetta a una clack eccessiva; oltretutto ciarliera, priva di quella professionalità silenziosa che ci si aspetta da qualsiasi operatore teatrale che non sia in scena.
Professionalità silenziosa e cordiale come quella operosa delle maschere di sala, ma che maschere!: sono ragazze graziose, e fa tenerezza nostalgica di cinema anni sessanta vedere la luce bassa della lampadina che mostra il posto allo spettatore lievissimamente in ritardo.
Inizio dello spettacolo puntuale.
Tre ballerine e un monologo che non stanca.
Monologo più impegnativo lungo e coinvolgente nel primo atto, sufficiente nel secondo, con la “scenetta” dello sciatore incapace che scivola via lenta e senza mordere, ma con la chiusura in tre veloci battute sugli applausi poco prima del sipario finale, secondo tradizione per nulla importuna; secondo atto che va rinforzato, magari ambientandolo d’estate: senza sci.
Gabriele da Sulmona acchiappa il pubblico dall’inizio, non solo perché l’80 per cento delle battute nuove o recenti fanno ridere, ma anche grazie a una regia agile che lo ferma al momento opportuno inserendo qualche stacchetto musicale, forse più godibile con qualche estensione in meno nel volume della musica.
Stacchetti ballati e recitati da tre ragazze vive anch’esse, e armoniose, che forse potrebbero tentare qualche passo di danza più difficile se costumista e regista non avessero scelto di far loro indossare scarpe dal tacco più adatto a una discoteca piuttosto che a un palcoscenico di teatro; il tip tap s’è visto eseguire anche con tacchi ben più bassi. L’impegno che le tre professioniste mettono per dare un po’ di allegria rendono sgradevolissima l’assenza dei loro tre nomi dalla piccola locandina fornita all’ingresso: il cronista opta per non citare neppure gli altri artefici dello spettacolo, così che “la livella” di Totò – Cirilli comunica al pubblico che l’insuperabile esordì a Sala Umberto – colpisca tutti, tranne proprio lui, perché quando gli è toccato di fare la contro scena è rimasto immobile e senza espressione, in un cantuccio laterale, per non rubare il minuto di gloria alle colleghe non protagoniste; professionalità dimostrata anche uscendo di scena con movenze d’attore fino all’ultimo: no no, non è scontato neanche nei professionisti.
Gabriele è zuccheroso sui suoi 34 anni di matrimonio e sul figlio per acchiappare una platea di sala non più adolescente e una platea nazionale assetata di valori stabili, ma non è mai eccessivo.
L’indomani il vostro cronista è andato al corso professionale organizzato da FNSI e dal Ministero della Difesa – potete leggere l’articolo che segue – e allora gli è tornato alla mente un vecchio motto della propaganda bellica italiana: “La Patria si difende anche facendo la guardia a un bidone della benzina”.
Ecco che fa Cirilli, difende il teatro “leggero”, questo bidone – absit iniuria verbis – pieno della benzina indispensabile per superare gli inevitabili momentacci della vita: il sorriso.
Dall’inizio alla fine dello spettacolo.
“Servizio obbligatorio di leva civile in Italia” Claudio Susmel
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