L’avanzata degli slavi jugo

A pochi chilometri da Trieste
un pericolo sempre attuale
per l’Italia

Magis oculis habenda fides quam auribus

Molte chiacchiere, secolari, da parte dei nostri confinanti orientali (e non solo).
Opportuno guardare un atlante storico per vedere con i propri occhi cosa è seguito realmente al loro chiacchiericcio.

Il 28 luglio del 1921, il generale Caviglia commenta in Senato il trattato di Rapallo e parla dell’avanzata degli slavi: Tutta la storia moderna segnala un forte movimento di espansione della razza slava in tutte le direzioni … Verso occidente i suoi elementi … penetrano nei confini delle varie nazionalità vicine e vi sostituiscono le popolazioni. Essi non portano civiltà, ma assorbono la civiltà dei popoli che vanno a sostituire, cambiano nome ai paesi … l’Italia dovrà constatare la scomparsa dei nomi italiani dalla riva orientale dell’Adriatico e la sostituzione con nomi slavi … le nostre genti saranno a poco a poco scacciate dalla riva orientale dell’Adriatico …(1).
Nel 1945 si tiene a Sofia un congresso panslavo, nel quale i rappresentanti della Unione Sovietica, della Jugoslavia e della Bulgaria esaminano … i problemi e gli interessi dei popoli slavi in vista del futuro assetto dell’Europa in conseguenza della prevista sconfitta della Germania (2).
L’Unione Sovietica propone alla fine della Seconda Guerra Mondiale il confine orientale peggiore per l’Italia tra quelli proposti da Alleati e Associati, a tutto vantaggio della Jugoslavia. Tre momenti storici diversi quelli su esposti, ma per quanto ci riguarda una direzione di marcia territoriale immutata: verso l’Adriatico.

Alla “avanzata” da oriente ricordata dal generale Caviglia nel 1921, alla unità d’intenti ricercata dai popoli slavi nel 1945 ed al sostegno sovietico (russo) del 1947, va aggiunta l’avanzata occidentale dei francesi che, cianciando a seconda delle circostanze di “liberté” “egalitè” o “fraternité”, hanno finito col valicare in più punti il displuvio delle Alpi in direzione est.

Se la differenza tra una acquisizione di territorio immediata e quella ipotizzata alla fine della guerra bene la imparammo dalle trattative di Versailles nel primo dopoguerra, da quelle di Parigi nel secondo dopoguerra bene imparammo la differenza tra una enunciazione di principi pubblicizzata nel corso di una guerra e l’attuazione degli stessi alla fine della guerra; ricordiamoci in particolare a questo proposito due tra i common principies in the national policies of their respective countries contenuti nella “Atlantic Charter”, documento sottoscritto dal Presidente degli Stati Uniti Roosevelt e dal Primo Ministro del Regno Unito Churchill il 14 agosto del 1941: 1. Their countries seek no aggrandizement, territorial or other. 2. They desire to see no territorial changes that do not accord with the freely espressed whishes of the peoples concerned.
Come si è accordata la sottoscrizione di questi principi con le linee di confine proposte da statunitensi e britannici tra l’Italia e la Jugoslavia in Venezia Giulia e Dalmazia alla fine della guerra? Come si è accordata la sottoscrizione di questi principi con l’accettazione da parte di Stati Uniti e Regno Unito delle mutilazioni territoriali subite dall’Italia per effetto del Trattato di Pace del 1947, tradottesi in accrescimenti territoriali francesi e jugoslavi?

Evidentemente Stati Uniti e Regno Unito devono aver  tenuto conto che De Gaulle e Tito non avevano firmato la “Atlantic Charter”.

(1) – Ferdinando Gerra, L’impresa di Fiume.
(2) – Michele Scopa, Dizionario dei trattati.

Servizio obbligatorio di leva civile in Italia”   Claudio Susmel

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Un pensiero su “L’avanzata degli slavi jugo

  1. E nemmeno l’URSS. D’altra parte penso che,anche se l’URSS avesse a suo tempo firmato la Carta Atlantica, visto il peso che aveva acquisito con la guerra e i problemi degli Alleati, non si sarebbe fatta alcuno scrupolo a disconoscere quel patto a vantaggio suo e dei suoi affiliati . Il seguito lo conosciamo.

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