Trump Tower o Donald Duck?/3 – U.S.A e Italia di fronte alla Libia

Ogni nazione conosce il cortile di casa sua
Imperator et Rex primus inter pares

L’Italia conosce la storia della Libia.
Gli Stati Uniti non conoscono la Libia.
L’Italia non ha i mezzi per risolvere da sola l’anarchia militare e civile che squassa le istituzioni della Libia e devasta il suo territorio.
Gli Stati Uniti non hanno l’esperienza storica per capire da soli cosa fare in Libia.

In attesa che l’alleanza euro statunitense riesca a duplicare le sue forze ottenendo di affiancare alla federazione di stati americana quella europea, gli Stati Uniti d’America insistono nel voler guidare ogni coalizione internazionale con piani operativi semi monolitici prevalentemente militari.
Hanno formato anche delle coalizioni numerose, ma di stati conferenti spesso non più che vaghe ombreggiature di veri e propri apparati organizzativi (forze armate incluse), che per la loro stessa consistenza numerica sono risultati docilissimi alla politica, alla organizzazione ed al comando dell’Imperator statunitense.
In alcuni casi la loro idea di alleanza non è sembrato riuscisse a disimpegnarsi dalla placenta coloniale nella quale li avvolge il condominio linguistico con il Regno Unito.

E se invece dopo aver ripassato la storia e la geografia del potenziale teatro di operazioni, Trump Tower Imperator si occupasse della Libia – per fare solo un esempio – avendo invitato ad essere primus inter pares tra i suoi alleati il Rex italicorum? Applicando cioè un modello organizzativo che chiami ad assumersi maggiori oneri e onori la nazione più direttamente esperta e/o interessata da quel teatro di operazioni specifico; modello che non escluderebbe le altre nazioni dell’alleanza euro statunitense dall’assunzione in via ausiliaria e subordinata di obbligazioni organizzative e dalla conseguente riscossione di dividendi politici proporzionati alle prime.
Questo sistema stimolerebbe lo stato collaborante in via principale con gli Stati Uniti a fornire all’alleanza non solo un rilevante apporto organizzativo, ma anche (con entusiasmo) quei cervelli che non sono sempre presenti in una nazione in misura proporzionata alla sua potenza militare, quella intellegentia cioè che costituisce il vero fabbisogno della nazione più potente del Pianeta, oggi come nei millenni andati.
Se in passato si fosse proceduti in questo senso, si sarebbe evitato in Libia l’immane sfacelo provocato dall’intervento dei franco britannici, con retrostante peccato mortale di omissione di veto all’operazione da parte statunitense, che ha generato quel vuoto politico ancora non sanato nel quale potrebbe sguazzare di nuovo quel terrore di cui abbiamo già sperimentato gli effetti in Europa e negli Stati Uniti.

Che va fermato alla fonte prima che diventi qualcosa che farebbe impallidire gli orrori di Auschwitz e di Hiroshima.

La Turchia in Europa è la fine dell’Europa    Claudio Susmel

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Trump Tower o Donald Duck?/2 – Re Travicello

Il nuovo Presidente degli Stati Uniti resterà in piedi se non butterà a mare
quanto di buono ha fatto Obama

Ne horribilis veniat hidris

Lo scrittore latino Fedro racconta di un Re Travicello, piccolo pezzo di legno che galleggia pacioso su uno stagno, e che si dirige ora da una parte ora dall’altra senza molestare le rane che Giove gli ha affidato.
Constatata la sua mitezza le gracidanti suddite lo sbeffeggiano, e protestano con Giove per la mancanza di regalità di Travicello.
Giove allora lo sostituisce con un serpente dalle tante teste (horribilis hidris).
E quello, una ad una, comincia a mangiarsele.

Il presidente emerito degli Stati Uniti Barack Obama, cedendo alle pressioni di tanti, non è intervenuto militarmente in Siria. I commenti denigratori si sono sprecati:
“È stato indeciso”. Il presidente statunitense Truman non è stato indeciso circa il lancio di due bombe atomiche sul Giappone ormai vinto e l’altro presidente statunitense Bush junior non lo è stato circa l’invasione via terra dell’Iraq: quelle decisioni hanno  prodotto effetti davvero così positivi per il Pianeta?
“Ha avuto paura”. Di chi e di cosa?; sembra invece che abbia riflettuto ulteriormente sugli errori militari possibili in conseguenza di un intervento diretto contro una nazione che ospita una base militare russa e che confina con il Libano, dove ci sono migliaia di militari di nazioni alleate della N.A.T.O. (a preponderanza numerica e comando italiani).
“È andato a rimorchio di Putin”. Perché ha atteso di reagire  alle decisioni di uno straniero e, senza complessi di inferiorità, non ha ritenuto di essere la guida illuminata dell’intero Pianeta?; c’è qualcuno che rimpiange ancora le abbaglianti monolitiche guide del ventesimo secolo?
“Ha espresso una nazione in decadenza”. Al contrario, ha rappresentato una nazione che si è accorta di non essere sola sul Pianeta ma in compagnia di un altro paio di centinaia, una nazione gigante sul piano militare che ha capito di dover perfezionare la sua crescita sul piano politico ascoltando le altre; e il suo Presidente, non intervenendo con lo sparare all’impazzata come il più inadeguato degli sceriffi, ha giustificato il Premio Nobel per la Pace attribuitogli con ruffiano anticipo.

Fedro invita il suo successore Trump Tower a non denigrare questo Re Travicello del ventunesimo secolo.
Rischierebbe di trasformarsi nel serpente dalle tante teste. Sanguinario, costoso, odiato dal creato intero e perciò storicamente sempre perdente.
Horribilis hidris.

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Trump Tower o Donald Duck?/1 – Ianus

Bar Spread
Ianus

Al Bar Spread, un signore con cappello e uno studente di Storia e Filosofia con bicicletta sfogliano alcuni quotidiani.

“Trump Tower o Donald Duck? Questo è il problema.”
“Sta leggendo Shakespeare?”
“No, ascolto alla televisione le dichiarazioni rese da Trump prima e dopo la campagna elettorale.”
“Non coincidono completamente?”
“Sta studiando gli eufemismi? Direi proprio di no.”
“Che c’entra Donald Duck, più comunemente conosciuto come Paperino da noi italiani?”
“Intanto vorrà notare l’arguto gioco di parole che prevede l’affiancamento del termine Tower al presidenziale cognome Trump in contrapposizione al termine Duck affiancato all’altrettanto presidenziale nome Donald, per sottolineare la doppia personalità espressa dall’identica persona fisica.”
“L’età l’ha condotta anche a questo risibile umorismo. Riformulo la domanda: Duck viene affiancato a Donald, perché?”
“Perché il non ancora Presidente Donald in campagna elettorale ha starnazzato scompostamente come il papero dei cartoni animati.”
“Tower affiancato a Trump?”
“Perché da Presidente eletto ha mostrato più equilibrio nelle sue dichiarazioni, cercando di assomigliare a quella torre newyorchese che porta il suo nome.”
“E del cui contenuto sfarzoso promette diffusa moltiplicazione a beneficio dei ricchi.”
“Promette anche di incentivarli a investire i soldi che hanno.”
“Lasciamo perdere questo argomento che è complesso e che quindi non è da affrontare al bar. Chi vincerà? Trump Tower o Donald Duck?”
“Nessuno dei due. Ciò che possiamo augurarci è che prevalga progressivamente la torre, visto che è difficile che una parte della propria personalità venga all’improvviso annullata del tutto, non trova?”
“Hm … sì … però …”

“Ci porta altri due caffè per favore?”
“Uno solo, per me un succo di pomodoro, grazie”.

La Turchia in Europa è la fine dell’Europa  Claudio Susmel

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