Il ripristino del servizio di leva proposto dal leghista Bottacin
Unitas
La cronaca politica italiana non registra solo multiformi ondeggianti vacuità progettuali di sbracati sanculotti all’arrembaggio delle istituzioni nazionali; assalto per altro parzialmente e temporaneamente contenuto con le modifiche ottenute alla lista dei Ministri del nuovo Governo che giurerà oggi 1 giugno 2018 al pomeriggio, e con un atteggiamento meno scomposto dei capo partito.
Un progetto di legge per il ripristino del servizio di leva obbligatorio, ma per otto mesi soltanto, è stato infatti presentato dal leghista Gianpaolo Bottacin, assessore alla Protezione civile della Regione Veneto.
Servizio di leva da prestarsi con la Protezione Civile o con la Difesa.
I sostenitori del progetto di legge non sono solo leghisti.
A quanto pare il Piave, che scorre nel Veneto, continua a mormorare; ieri contro l’invasore oggi contro i disertori.
Il servizio di leva militare obbligatorio, sospeso dal 2000, data fin dal 1861, proclamazione del Regno d’Italia, e viene mantenuto anche dopo il 2 giugno 1946, proclamazione della Repubblica.
Oggi è riproposto con varie motivazioni: origina lo spirito di gruppo tra ex commilitoni, inizia alle regole più stringenti della convivenza civile, aumenta la coscienza della comune Patria e prescrivendo un servizio da espletarsi in una Regione diversa da quella di nascita cementa la coesione nazionale con la conoscenza reciproca.
Servizio senza armi? Con compiti esclusivamente civili? Servizio armato ma con compiti ridotti (ausiliario)? Quale che sia il progetto di base sembra improcrastinabile la necessità di “armare” il territorio nazionale più capillarmente di quanto non possano fare due o tre centomila volontari professionisti su una superficie di trecentomila chilometri quadrati abitati da oltre sessanta milioni di abitanti (clandestini non computati).
Qualche caserma nuova e qualche alloggiamento ripristinato costituirebbero ben poca spesa rispetto ai costi della mancata coesione nazionale e della mancata sicurezza (anche per gli investitori stranieri), che derivano dal sempre più asfittico sventolare del Tricolore per strada, sui mari e nel cielo.
Quanto ai ragazzi che non vogliono privarsi della possibilità di scegliere autonomamente come impiegare il proprio tempo sarà bene ricordarsi che di studenti ripetenti e fuori corso non ne mancano. E neppure di disoccupati risultanti tali per aver respinto offerte di lavoro non ritenute vantaggiose: come avrebbero fatto altrimenti a trovare lavoro in Italia cinque milioni di stranieri? Otto mesi di leva bloccherebbero l’irresistibile ascesa ai vertici del mondo accademico e del lavoro dei richiamati? Oppure imponendo loro di fare i calcoli non solo col tempo e con le esigenze individuali ma anche col tempo e con le esigenze della comunità nazionale gli si insegnerebbe a pagare le “tasse”?
Aggiungiamo un’ultima cosa a questo argomento più volte trattato da Oblo’: si condannano sempre gli imperialismi e i soprusi causati dalle dittature in divisa, bene, opponiamogli le democrazie in divisa, altrimenti le dittature come le combatteremo? Con le chiacchiere?
A chi scrive sia concessa una nota personale, giusto per accreditare presso i lettori di Oblo’ la propria coerenza.
Il 6 dicembre 1977, il vostro articolista, che già lavorava da 7 anni, superò al mattino l’esame di Diritto del lavoro, penultimo esame prima della laurea, e al pomeriggio si imbarcò per Civitavecchia raggiungendo poi la caserma Piave di Orvieto per il suo addestramento da recluta.
Realizzando così un progetto che gli è sempre stato e gli sta a cuore: libro e moschetto democratico perfetto.
“Servizio obbligatorio di leva civile in Italia” Claudio Susmel
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mahhh
la leva era diventata un peso enorme sia per la struttura militare che per il bilancio statale. I giovani erano largamente contrari, le loro famiglie li appoggiavano. I massa media facevano campagna contro.
Io direi che la soluzione migliore sia un servizio volontario aperto a numeri più grandi delle poche migliaia di oggi, dando la possibilità ad almeno 100.000 giovani all’anno di arruolarsi.
Periodo minimo 14 mesi, se si vuole avere un addetsramento e formazione efficace, e l’acquisizione di un minimo di operatività.
Il servizio di leva era in sé una cosa eccellente: è fallito per la mancanza di volontà politica e la conseguente cattiva volontà degli alti gradi militari, essenzialmente interessati alla loro carriera. Quindi, in un’azione di governo “del cambiamento” una riedizione del servizio di leva ci starebbe bene: io ritengo che dovrebbe essere militare e sei mesi potrebbero essere sufficienti se bene organizzati. Aggiungo che uno dei vantaggi della leva era lo screening fisico che si svolgeva a vantaggio dei ragazzi che, per l’80%, avevano dei problemi fisici dei quali non erano a conoscenza.