La transizione mancata nel 1915 tra l’Austria Ungheria e l’Italia

La staffetta della Vittoria
di Orlando, Nitti, D’Annunzio e Giolitti
Ad Alpium fines

Quest’anno si celebra il  centenario della vittoria più grande conseguita dalle Forze Armate italiane, a far data dal 17 marzo 1861: 4 novembre 1918 – 4 novembre 2018.
Oblò vuole partecipare.
Ricordando ai suoi lettori che questo contributo parziale è in stampa integrale, per l’Associazione di Studi Storici Giovanni Giolitti a Cavour, negli atti del convegno “Da Caporetto alla Vittoria”.

***

O Mille! …
“Ove vi sono dei fratelli che pugnano per la libertà italiana là bisogna accorrere”
voi diceste …
E non trovaste il codardo pretesto  se la loro bandiera era più o meno rossa …
ai dottrinarii che predican principii che non praticano,
voi vittoriosamente potrete sempre rispondere:
“Noi non conosciamo altri principii se non che i due, del bene e del male.
E per l’Italia sarà sempre principio del bene quello di volerla unificare”. (1)

Transazione avara e tardiva tra le rivendicazioni italiane di territori geograficamente propri ma politicamente amministrati dall’Austria – Ungheria e l’esigenza di tutelare l’integrità dell’Impero da parte di quest’ultima, fu quella che l’Austria – Ungheria, dopo avere dichiarato guerra alla Serbia, propose all’Italia negli anni 1914 e 1915 perché non entrasse nel conflitto in corso a fianco dell’Intesa.
Mossa diplomatica tardiva visto che l’Italia sarebbe entrata in guerra il 24 maggio 1915, avendo stipulato il 26 aprile dello stesso anno con Francia Inghilterra e Russia quel Patto di Londra che la obbligava alla belligeranza entro il maggio seguente.
L’osservazione di Bandini: ”… l’Austria non pareva incline ad offrire che il Trentino (e non tutto), con qualche miglioramento a Trieste …”(2) ci offre uno squarcio illuminante sulla miopia di uno stato grande e potente, che non solo aspetta l’ultimo minuto per concedere qualcosa – per di più di geograficamente non suo – ma su quel qualcosa temporeggia pur trovandosi sull’orlo del baratro, aumentando così di molto il rischio per la propria esistenza.
E si legge, in Aldovrandi Marescotti (3), del tentativo anch’esso tardivo fatto dal Kaiser Guglielmo nella prima metà del maggio 1915, con un telegramma diretto al Re Vittorio Emanuele III: “… Je suis sur(^) que le differences qui existent entre l’Autriche – Hongrie et l’Italie peuvent etre(^) aplasie pacifiquement. Mon Gouvernement met tous ses efforts à contribuer à l’amitiè entre nos deus Pays si fertile en bienfaits pour l’Italie. Guillaume“.

Di estremo interesse soprattutto il telegramma inviato da Sidney Sonnino alle ambasciate italiane all’estero (4), che ripercorre lo stato dei rapporti tra Italia e Austria – Ungheria, denunciando quella che, mutuando i termini dal diritto costituzionale, potremmo definire la costituzione materiale (mutevole), che soggiaceva al patto formale (codificato e immobile) della Triplice Alleanza. Vi si rileva, stando all’esposizione del ministro degli esteri italiano, l’acuirsi delle insoddisfazioni italiane man mano che il tempo passava dall’atto della firma di quel Patto (20 maggio 1882), con la particolare sottolineatura del processo di snazionalizzazione dell’identità italiana operato dall’Austria – Ungheria nei territori orientali rivieraschi dell’Adriatico.
Pur immaginando facilmente che in occasione della imminente guerra siano stati sottaciuti gli aspetti produttivi che quel patto aveva avuto per l’Italia, è interessante notare la mutevolezza della situazione politica internazionale e degli stati d’animo dei singoli protagonisti di questa politica con l’evolversi dei tempi, e infine rilevare la consistenza delle richieste italiane di revisione di quel Patto che più da vicino interessano la trattazione di questo saggio: le richieste di revisione di confine con l’Austria – Ungheria. Richieste che, ricordando per il Patto della Triplice Alleanza “… il diritto a compensi fra gli Alleati in caso di occupazioni temporanee o permanenti nella regione dei Balcani”, furono rese esplicite dopo la dichiarazione di guerra dell’Austria – Ungheria alla Serbia: “… dichiarammo che i compensi contemplati sui quali doveva intervenire l’accordo, dovevano riflettere territori trovantisi sotto il dominio attuale dell’Austria – Ungheria.
Sonnino sottolinea la lunghezza delle trattative tra Italia e Austria che durarono per mesi: “… e solamente alla fine di marzo dal barone Burian ci venne offerta una zona di territorio compresa in limiti lievemente a nord della città di Trento … la cessione del territorio nel Trentino non doveva … effettuarsi immediatamente, secondo noi chiedevamo, ma alla fine dell’attuale conflitto .… la offerta non poteva soddisfarci … Solo dopo un altro mese di conversazioni, l’Austria – Ungheria si indusse ad aumentare la zona di territorio da cedere nel Trentino … Dall’atteggiamento seguito dall’Austria – Ungheria dai primi di dicembre alla fine di aprile risultava chiaro il suo sforzo di temporeggiare senza venire ad una pratica conclusione”. Colloqui dunque che manifestano chiaramente l’insoddisfazione dell’Italia per lo stato di cose creatosi dopo la dichiarazione di guerra dell’Austria – Ungheria alla Serbia, e che verrà codificata con la stipula del Patto di Londra il 26 aprile 1915 e la denuncia del Trattato della Triplice Alleanza comunicata a Vienna il 4 maggio 1915.  L’11 maggio arrivano le ultime concessioni in materia di revisione confinaria fatte dall’Austria – Ungheria col beneplacito della Germania, ritenute insufficienti, “… offerte che, ad ogni modo, non potevano più essere da noi accolte …”, e in nessun caso immediate, come ancora rileva Sonnino, neppure per il Trentino.

E’ nota invece la posizione di Giovanni Giolitti a favore della neutralità, assunta prima dell’entrata in guerra dell’Italia (5), dovuta ai timori che la guerra non fosse né breve, né indolore quand’anche vittoriosa; a queste motivazioni sostanziali lo statista piemontese aggiunse la puntualizzazione circa il diritto onorevole dell’Italia di non partecipare al conflitto, considerato che gli obblighi di intervento dell’Italia a fianco dei suoi alleati della Triplice sarebbero sorti solo in caso di guerra difensiva, e non offensiva come nella fattispecie concreta che vedeva l’Austria – Ungheria assalire la Serbia. Chiarita la sua posizione, Giolitti garantì la sua fedeltà al Re, anche con dichiarazioni ufficiali.

L’obiettivo del raggiungimento dei suoi confini naturali (6) sulle Alpi nord orientali (7) e in parte anche a ovest delle Alpi Dalmatiche (8), determina fortemente invece l’ingresso dell’Italia nella Prima Guerra Mondiale a fianco dell’Intesa, il 24 maggio del 1915: combatterà la sua Quinta Guerra d’Indipendenza.
L’Italia denuncia la Triplice Alleanza della quale faceva parte, non avendo ritenuto soddisfacenti le offerte ricevute dall’Austria – Ungheria per indurla a non scendere in campo a fianco dell’Intesa, mentre col Memorandum presentato a Francia, Gran Bretagna e Russia, e da queste accettato con il Patto di Londra del 26 aprile 1915, ottiene l’impegno che le vengano ceduti, inevitabilmente a vittoria ottenuta, i territori utili al raggiungimento dei suoi confini naturali a nord, a nord est, e parzialmente a sud est. Ottiene i confini naturali a nord “ … con l’articolo 4 del Memorandum, che assegna all’Italia il Trentino Alto Adige entro lo spartiacque delle Alpi Retiche (la cosiddetta frontiera del Brennero), delle Noriche Occidentali, delle Pusteresi e delle Dolomitiche, escludendo di conseguenza la Valle di Dobbiaco …”; ottiene i confini naturali a nord est “ … con la prima parte dell’articolo 4, che assegna all’Italia lo spartiacque delle Alpi Giulie, escludendo di conseguenza la valle di Tarvisio … [e con l’ultima parte dell’articolo quattro ottiene anche] (9) … le isole di Cherso e Lussino con le altre quarnerine minori intorno, ma [non] Fiume e parte del suo territorio (Liburnia) …”; ottiene anche, parzialmente, con l’articolo cinque “… il confine naturale a sud est con … una parte della Dalmazia includente le città di Zara e Sebenico, una serie di isole fronteggianti la costa dalmata (Lagostane incluse), oltre all’Arcipelago di Pelagosa fronteggiante la costa pugliese …”(10), (11).

Va sottolineato che tra le offerte fatte all’Italia vi sono due discriminanti, non tre. Si è infatti rilevato come l’Italia si sia trovata di fronte a una promessa, e non a una consegna immediata di territori sia da parte della Triplice Alleanza che da parte dell’Intesa; non vi è cioè un parecchio certo contro un molto di più incerto: nessuna discriminante temporale tra le due offerte. I territori promessi dalla Triplice Alleanza sono limitati prima entro una linea sino a poco sopra Trento e infine entro il Valico di Salorno (circa 6.500 km2), mentre i territori promessi dall’Intesa sono molto più ampi costituiti come sono dai circa 13.800 km2 del Trentino Alto Adige senza Dobbiaco e Tarvisio insieme ai circa 8.500 km2 della Venezia Giulia e ai circa 6.300 km2 della Dalmazia (la sua parte centrale), corrispondenti a un totale di circa 28.800 km2 (12); oltre il quadruplo cioè dei territori promessi dalla Triplice Alleanza: questa è una delle due discriminanti tra le due offerte, quella a favore dell’Intesa. La Triplice Alleanza offre i territori di cui sopra ma, al contrario dell’Intesa, senza dispendio di vite umane e risorse economiche: questa è una delle due discriminanti tra le due offerte, quella a favore della Triplice Alleanza.
Quale che sia comunque il giudizio sull’opportunità di restare neutrali o scendere in campo a fianco dell’Intesa, la differenza tra una acquisizione di territorio immediata e quella ipotizzata alla fine di una guerra vittoriosa, nel caso specifico quella contemplata dal Patto di Londra, bene la avremmo imparata dalle trattative di Versailles del dopoguerra, di cui più avanti.

(1) – Giuseppe Garibaldi, I mille per il Generale, Genova, Regio Stabilimento L. Lavagnino, 1876.
(2) – Franco Bandini, Il Piave mormorava, Milano, Longanesi, 1965.
(3) – Luigi Aldovrandi Marescotti, Nuovi ricordi, Milano, Mondadori, 1938.
(4) – Luigi Aldovrandi Marescotti, op. cit..
(5) – Giovanni Giolitti, Memorie della mia vita, Milano, Fratelli Treves Editori, 1922.
(6)- Claudio Susmel in 1915: Maggio radioso o colpo di stato?, a cura di Aldo Alessandro Mola, Dronero – Cavour, Centro Europeo Giovanni Giolitti, 2016: “… il confine naturale segue una linea di elementi geografici naturali (cime, fiumi, passi) … sulle Alpi è una linea che segue le cime più alte e i valichi situati tra le sorgenti dei fiumi che scorrono su due versanti montuosi contrapposti …” .
(7) – Il confine naturale d’Italia per via di terra è fissato dallo spartiacque che dalle Alpi Marittime separanti l’Italia dalla Francia, raggiunge le Alpi Retiche, le Alpi Noriche occidentali, le Alpi Pusteresi, le Alpi Dolomitiche e le Alpi Carniche separanti l’Italia dall’Austria, e attraverso il Tricorno il Monte Nevoso e il Monte Risniak delle Alpi Giulie separanti l’Italia da Slovenia e Croazia, può correre ulteriormente per le Alpi Dalmatiche separanti l’Italia dalla Bosnia Erzegovina fino al corso del fiume Narenta sfociante nell’Adriatico centrale, o proseguire per un ulteriore tratto delle Alpi Dalmatiche separante l’Italia dalla Bosnia – Erzegovina dal Montenegro e dall’Albania fino al corso del fiume Boiana sfociante nell’Adriatico meridionale; fiume questo che costituisce  l’elemento naturale di confine più meridionale che possa essere individuato per l’Italia orientale.
(8) – Vengono in questo testo denominate Dalmatiche le Alpi che, dopo le Giulie, si dirigono a sud est e vanno dal Monte Bittorai di metri 1.386 al Monte Visevica di metri 1.428, alle Alpi Bebie chiamate anche Velebiti, e alla linea costiera delle  Alpi Dinariche che termina con i Monti Rumia fronteggianti il fiume Boiana.
(9) – I testi tra le parentesi quadre sono sempre del saggista.
(10) – Claudio Susmel, op. cit..
(11)- L’art. 4 del Memorandum abbandona poi i termini geografici e descrive in fine un confine politico: “Dallo Schneeberg il confine dovrà scendere fino alla costa in modo tale da comprendere nel territorio italiano Castua, Mattuglie e Volosca.” Il confine ipotizzato in questa seconda parte è politico perché raggiunge il Monte Nevoso (Alpi Giulie), ma non arriva al confine naturale della Depressione delle Conche che pone fine alle Alpi Giulie separandole dal Gruppo del Bittorai (Alpi Dalmatiche).
Ricordiamo che il confine politico segue una linea convenzionale, non fissata cioè dalla natura, poiché non tiene conto solo degli elementi geografici naturali – che può utilizzare in parte – ma anche di esigenze etniche, economiche, militari; nel caso della sua seconda parte, l’articolo intende lasciare la geograficamente italiana città di Fiume, che è anche a forte maggioranza etnica italiana, allo Stato confinante con l’Italia.
(12) – Umberto Ademollo, Stati d’Europa e dell’Estremo Oriente, Milano, Consociazione turistica Italiana, 1938. 

Servizio obbligatorio di leva civile in Italia   Claudio Susmel

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